Popoli Misteriosi: i Cimmeri

Cavalieri cimmeri raffigurati su un vaso etrusco del VI secolo a.C. Da qui.

Esistono molti popoli che, sebbene abbiano lasciato tracce nella storia, sono ancora oggi avvolti nel mistero. In un precedente articolo ci eravamo occupati degli Iperborei; stavolta ci metteremo invece sulle tracce dei Cimmeri, un popolo già meno “mitico” ma non per questo meno misterioso.

Le origini

La più antica menzione dei Cimmeri si trova nell’Odissea di Omero:

Là è il popolo e la città dei Cimmeri,

avvolti di nebbia e di nubi: mai il Sole

splendente li guarda con i suoi raggi,

né quando sale nel cielo stellato,

né quando volge dal cielo al tramonto;

ma una notte eterna grava sui mortali infelici.

Odissea, XI, 14-19

Già da queste poche righe si capisce che la patria originaria dei Cimmeri doveva trovarsi ad una latitudine molto elevata, dove si verifica il fenomeno della notte polare. La cosa, ovviamente, non ci stupisce, dal momento che molti altri popoli (indoeuropei, ma non solo) recano tracce, nei loro miti, di un’origine iperborea.

Ma è possibile localizzare più precisamente questa regione? Per prima cosa, notiamo che anche la Bibbia cita i Cimmeri: questa, almeno, è l’interpretazione del nome Gomer, che compare per la prima volta nel 10° capitolo della Genesi, nella cosiddetta “tavola dei popoli”. Qui la Bibbia incrocia la genealogia dei figli di Noè con l’origine delle popolazioni: un simile espediente si ritrova anche nella mitologia greca, dove Deucalione (il Noè greco) genera Elleno, da cui nascono i capostipiti delle stirpi elleniche (Eolo, Doro e Suto; quest’ultimo genererà Acheo e Ione), e in quella germanica, dove Manno (nome che ricorda Manu, il Noè indiano) dà origine alle stirpi degli Ingevoni, Erminoni e Istevoni (Tacito, Germania, 2).

Gomer è citato per primo tra i figli di Jafet, ed ha a sua volta tre figli (da identificarsi logicamente con popoli vicini o imparentati coi Cimmeri): Ashkenaz, Rifat e Togarma. Ashkenaz viene di solito identificato con gli Sciti, mentre l’identità degli altri due figli è dibattuta. Tuttavia, la “gente di Togarma” è citata in Ezechiele (38, 6) come alleata delle “estreme regioni del settentrione”, insieme allo stesso Gomer. D’altro canto, il nome di Rifat ricorda quello dei monti Rifei, ovvero le Alpi scandinave. Tutto ciò indirizza quindi – coerentemente con il passo omerico citato poc’anzi – verso il Nord Europa.

Ma torniamo all’Odissea. Ulisse, su indicazione di Circe, si reca nella terra dei Cimmeri per compiere un rituale di evocazione dei morti. Ulisse sbarca nei pressi di una roccia alla confluenza di due “fiumi sonanti” (Odissea, X, 515): Felice Vinci identifica questi due “fiumi” con due fiordi norvegesi, il Jøkelfjorden e il Burfjorden: alla loro confluenza (a circa 70° di latitudine nord) si trova una grande roccia ben visibile dal mare, chiamata Simalango e considerata sacra dalle popolazioni locali. Che proprio qui vivessero una volta i Cimmeri, “avvolti di nebbia e di nubi”?

Sopra, la possibile sede originaria dei Cimmeri, nella Scandinavia settentrionale; sotto, immagine tratta da Google Earth che mostra l’ubicazione della roccia Simalango.

C’è anche un’altra particolarità che lega i Cimmeri al Nord Europa: essi, infatti, parlavano una lingua iranica, e gli Iranici (come avevamo visto in questo articolo) provenivano dall’estremo settentrione; la loro patria originaria, l’Airyana Vaeja, era stata da noi identificata con l’arcipelago delle Svalbard. Le lingue germaniche giunsero nella Scandinavia settentrionale relativamente tardi, durante l’epoca vichinga; è probabile quindi che molti secoli prima in queste zone si parlasse una lingua diversa, che a questo punto è lecito ritenere di ceppo iranico, come quella parlata dai Cimmeri.

Le migrazioni

Ad un certo punto della loro storia, i Cimmeri abbandonarono la loro patria artica e migrarono verso il Mar Nero, dove la loro presenza è meglio documentata. Secondo alcune ipotesi, la regione della Crimea prenderebbe il nome proprio da loro; inoltre, anticamente lo stretto che separa il Mar d’Azov dal Mar Nero veniva chiamato Bosforo Cimmerio.

È difficile stabilire quando i Cimmeri si stanziarono nelle steppe del Ponto: di sicuro si trovavano già lì nell’VIII secolo a.C., poiché a quell’epoca risalgono le prime iscrizioni assire che li menzionano. Ma considerando la grande distanza tra la loro sede originaria e quella “storica”, è probabile che il processo migratorio richiese molti secoli e diverse tappe intermedie.

Si obietterà che i poemi omerici risalgono all’VIII secolo a.C. (o al massimo al IX), e pertanto – anche dando per buona la loro ambientazione nordica – la migrazione dei Cimmeri deve essere avvenuta per forza in quell’epoca. Ma in realtà i poemi omerici furono messi per iscritto solo molto tempo dopo la loro composizione: questa risale con ogni probabilità ad un’epoca anteriore alla diaspora indoeuropea (XVI secolo a.C. circa). I Cimmeri avrebbero avuto quindi quasi mille anni di tempo per spostarsi dalla Norvegia settentrionale alla Crimea.

Non si sa per quanto tempo i Cimmeri dimorarono nelle steppe pontiche: quando si affacciarono alla storia, infatti, stavano già abbandonando questa sede, pressati dagli Sciti. Tra l’VIII e il VII secolo a.C. i Cimmeri migrarono nel Caucaso e in Anatolia, scontrandosi più volte con gli Assiri. Nel 644 a.C. conquistarono Sardi, capitale della Lidia, ma verso l’inizio del VI secolo a.C. furono definitivamente scacciati dall’Asia minore. Dopo quest’ultima sconfitta non si seppe più nulla di loro. Tuttavia, alcuni autori hanno ipotizzato che una volta cacciati dall’Asia, i Cimmeri siano migrati in Europa, dando origine al popolo dei Cimbri. Questa ipotesi è stata sostenuta anche da Diodoro Siculo (Biblioteca Storica, V, 32).

La conquista di Sardi da parte dei Cimmeri, in un’illustrazione tratta dalla Storia delle Nazioni di Hutchinson.

I Cimmeri in Italia

Nonostante i Cimmeri abbiano fatto perdere le proprie tracce 2600 anni fa, un’eco della loro presenza è rimasta proprio… in Italia! Secondo Plinio il Vecchio, infatti, tra i laghi di Lucrino e Averno in Campania si trovava (“anticamente”, già ai suoi tempi) una città cimmera (Storia Naturale, III, 61).

Ma Plinio non è l’unico a menzionare a presenza dei Cimmeri in questa zona: quattro secoli prima ne aveva parlato lo storico Eforo di Cuma. Egli, citato nella Geografia di Strabone (V, 4, 5), affermava che i Cimmeri vivevano in dimore sotterranee, chiamate “argillae” e collegate fra loro da cunicoli. Lì si trovava un oracolo, anch’esso sotterraneo, che alcuni identificavano con quello visitato da Ulisse.

Lo stesso Strabone, vissuto trecento anni dopo Eforo, derubrica le sue affermazioni a semplici miti. Eppure, storie simili continuarono a circolare per lunghissimo tempo: ancora nel 1560 (!) lo scrittore napoletano Pietro de Stefano, nella sua Descrittione dei luoghi sacri della città di Napoli, affermava che la chiesa di Santa Maria a Cimmino (l’attuale Santa Maria in Cosmedin) avrebbe tratto questo nome proprio dai Cimmeri, che un tempo (non troppo lontano, evidentemente!) abitavano nelle vicinanze.

Sarebbe suggestivo, a questo punto, ricondurre il cognome Cimmino, tipico della Campania, agli stessi Cimmeri! Dato che le leggende hanno sempre un fondo di verità, viene da chiedersi se questo misterioso popolo dell’estremo nord sia davvero “scomparso” o se invece sopravviva ancora – sempre “di nebbia e di nubi avvolto”, però stavolta in senso metaforico – nella nostra penisola.

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