Le Liste Reali Sumere

Il re sumero Ur-Nammu (seduto sul trono) in un sigillo del XXI secolo a.C.

Tra i documenti più interessanti giunti fino a noi dall’antichità, un posto di rilievo è occupato senza dubbio dalla Lista Reale Sumera. Questo prezioso documento, di cui esistono più versioni, riporta i nomi e le durate dei regni dei sovrani succedutisi alla guida delle varie città-stato mesopotamiche nel corso dei millenni. E proprio come negli analoghi elenchi egizi, anche qui compaiono, oltre ai re storici, quelli “mitologici”, compresi quelli che avrebbero regnato prima del Diluvio. Ma ciò che sorprende ancora di più è la durata dei regni di questi ultimi, che è dell’ordine delle decine di migliaia di anni! Dopo il Diluvio, essa si riduce ad alcune centinaia di anni, per poi gradualmente avvicinarsi a valori tipicamente “umani” man mano che si rientra nei gangheri del periodo da noi definito “storia”.

Com’è facile intuire, da sempre questo documento ha suscitato la curiosità (oltre che lo scetticismo) di molti studiosi, dagli storici antichi fino ai moderni ricercatori accademici e indipendenti. Essi hanno tentato di spiegare in vario modo le cifre da capogiro in esso presenti, ora interpretando gli anni come giorni, ora ipotizzando un’origine “aliena” per i sovrani più longevi, e così via.

Ma davvero le informazioni così diligentemente fornite dalla Lista sono attendibili? Davvero è plausibile l’esistenza non soltanto di personaggi di simile longevità, ma anche e soprattutto di una civiltà capace di protrarsi così a lungo, attraversando pressoché indenne migliaia di secoli? Come vedremo, unendo i testi antichi alle più recenti acquisizioni scientifiche, è possibile trovare delle risposte a questi interrogativi millenari.

Le versioni della Lista Reale

Come precisato poc’anzi, esistono più versioni della Lista Reale Sumera: esse differiscono soprattutto nel numero e nella durata dei regni dei re antidiluviani, mentre sono abbastanza concordi sui loro nomi. Parleremo perciò d’ora innanzi di “liste”, al plurale. Le più interessanti ai fini della nostra ricerca sono le seguenti:

  1. WB 444 (“WB” sta per Weld Blundell, dal nome dell’archeologo inglese che ritrovò questa lista e la successiva): si tratta di un prisma d’argilla ritrovato a Larsa, risalente forse al 1817 o al 1827 a.C.;
  2. WB 62: è una piccola tavoletta d’argilla incisa solo su un lato, anch’essa rinvenuta a Larsa e datata al 2000 a.C. circa (si tratta dunque della fonte più antica);
  3. UCBC 9-1819: è una tavoletta d’argilla ritrovata a Tutub (oggi Khafaji) e risalente a un periodo compreso fra il 1712 e il 1812 a.C.;
  4. Lista di Uruk dei Re e dei Saggi (Lista degli Apkallu): rinvenuta per l’appunto ad Uruk, è una tavoletta datata al 165 a.C. ed è pertanto la lista più recente;
  5. Lista riportata nella Storia di Babilonia: è stata ricavata dai frammenti, disseminati in scritti di altri autori, dell’opera dello storico caldeo Berosso, risalente alla prima metà del III secolo a.C. e purtroppo andata perduta.

Queste versioni sono particolarmente interessanti poiché includono (o sono costituite esclusivamente da) una sezione antidiluviana, che riguarda i sovrani succedutisi prima del Diluvio. Tale sezione, assente da altre versioni, è con ogni probabilità indipendente da quella postdiluviana, rispetto alla quale presenta una maggiore variabilità, soprattutto per quanto riguarda le durate dei regni.

Esaminiamo dunque le varie liste nel dettaglio.

La WB 444

Si tratta della più completa fra tutte le liste; comprende sia la sezione antidiluviana sia quella postdiluviana. I re antidiluviani elencati sono otto, e le città in cui il potere è stato esercitato cinque; in totale, gli anni di regno ammontano a 241.200. Le cifre sono espresse in due differenti unità di misura, il sar e il ner, equivalenti rispettivamente a 3600 e 600 anni.

Immagine che mostra i quattro lati della WB 444. Da qui.

La lista esordisce con queste parole: “Dopo che la regalità discese dal cielo, essa ebbe dimora in Eridu”. Dopo Eridu vengono citate altre quattro città, le stesse citate nel mito di creazione sumero. Dal modo in cui l’autore elenca le varie dinastie (una per ogni città), non possiamo però stabilire con certezza se esse fossero effettivamente consecutive oppure contemporanee; la prima ipotesi, tuttavia, appare la più probabile alla luce delle altre liste.

Questo l’elenco dei sovrani, con le durate dei rispettivi regni:

  1. Alulim (28.800 anni)
  2. Alalgar (36.000 anni);
  3. Enmenluanna (43.200 anni);
  4. Enmengalanna (28.800 anni)
  5. Dumuzi “il pastore” (36.000 anni);
  6. Ensipazianna (28.800 anni);
  7. Enmenduranki (21.000 anni);
  8. Ubar-Tutu (18.600 anni).

I primi due re avrebbero esercitato il potere ad Eridu, i successivi tre a Bad-Tibira e i rimanenti rispettivamente a Larak, Sippar e Shuruppak. Poi, ci informa il documento, il Diluvio “spazzò via ogni cosa”. Successivamente, per la seconda volta, la sovranità “discese dal cielo” ed iniziò così la prima dinastia postdiluviana, quella di Kish. Da lì la lista prosegue fino ad arrivare ai re storici.

La WB 62

In questa lista i sovrani antidiluviani non sono otto, bensì dieci; anche le città non sono cinque ma sei, sebbene i loro nomi coincidano con quelli della WB 444. L’enumerazione di dieci re, l’ultimo dei quali (Ziudsuddu/Ziusudra) corrisponde all’eroe del Diluvio, ricorda i dieci patriarchi antidiluviani della Genesi, l’ultimo dei quali è Noè. Tuttavia abbiamo a che fare con nomi e, soprattutto, scale temporali molto diverse: secondo la Bibbia la Creazione e il Diluvio sono separati da appena 1656 anni, mentre nella WB 62 il periodo antidiluviano si protrae per ben 456.000 anni!

Ecco l’elenco dei regnanti antidiluviani secondo la WB 62 (molti nomi sono in realtà incompleti, ma di facile ricostruzione):

  1. Alulim (67.200 anni);
  2. Alalgar (72.000 anni);
  3. …kidunnu (72.000 anni);
  4. …alimma (21.600 anni);
  5. Dumuzi “il pastore” (28.800 anni);
  6. Emmenluanna (21.600 anni);
  7. Ensibzianna (36.000 anni);
  8. Enmeduranna (72.000 anni);
  9. Arad-Gin “figlio di Ubur-Tutu” (28.800 anni);
  10. Ziudsuddu (36.000 anni).

La lista assegna ai primi due re la città di Habur (Subari secondo altre letture), ai successivi due Larsa, ai due seguenti Bad-Tibira, al successivo Larak, a quello seguente Sippar e agli ultimi due Shuruppak. Poiché Habur/Subari non è altro che un’antica denominazione di Eridu, le città menzionate nella WB 62 e nella WB 444 sono praticamente le stesse; identico è anche l’ordine in cui sono elencate. La WB 62 differisce soltanto per l’aggiunta di Larsa (dove infatti è stato ritrovato il documento).

La UCBC 9-1819

Questa tavoletta riporta un elenco pressoché identico a quello della WB 444: i re antidiluviani sono sette (anche se le righe non leggibili ne celano sicuramente un ottavo), mentre le città sono quattro (manca Larak all’appello). La durata complessiva dei regni ammonta a 186.000 anni, anche se non tutti i numeri sono leggibili.

Ecco l’elenco:

  1. Alulim (36.000 anni);
  2. Alalgar (10.800 anni);
  3. Ammeluanna (36.000 anni);
  4. Ensipazianna (43.200 anni);
  5. Dumuzi “il pastore” (36.000 anni);
  6. Enmeduranki (6000 anni);
  7. Ubar-Tutu
  8. Ziusudra? (18.000 anni)

Anche qui, i primi due re sono associati a Eridu, i successivi tre a Bad-Tibira, quello seguente a Sippar e gli ultimi due a Shuruppak. Nonostante l’assenza di Larak, l’ordine delle città è pertanto identico a quello delle precedenti liste.

La Lista di Uruk dei Re e dei Saggi

Questa lista, notevolmente più recente delle altre, riporta sette re antidiluviani e sette “saggi” (apkallu) che li avrebbero associati nel loro governo; è nota pertanto anche come “Lista degli Apkallu”. Non sono riportate le durate dei singoli regni.

Questi i nomi dei re antidiluviani, con quelli dei Saggi tra parentesi:

  1. Ayalu (Uan);
  2. Alalgar (Uanduga);
  3. Ammeluanna (Emmeduga);
  4. Ammegalanna (Enmegalamma);
  5. Enmeushumgalanna (Enmebulugga);
  6. Dumuzi “il pastore” (Anenlilda);
  7. Enmeduranki (Utuabzu).

Il testo afferma che anche dopo il Diluvio ci fu un apkallu, Nungalpiriggal: egli viene associato ad Enmerkar, re di Uruk, che qui compare come primo re postdiluviano. Dopo Nungalpiriggal non ci furono più apkallu, bensì ummanu, cioè “maestri”.

La Storia di Babilonia di Berosso

Berosso (o Beroso) fu un sacerdote caldeo nato a Babilonia e vissuto tra il 350 e il 270 a.C. circa. La sua opera, Babyloniaka (Storia di Babilonia), scritta in greco, è andata purtroppo perduta, ma alcuni brani sono fortunatamente giunti fino a noi sotto forma di citazioni negli scritti di altri autori, quali Alessandro Polistore, Eusebio di Cesarea ed Abideno.

Berosso fornisce un elenco di 10 re antidiluviani, i quali avrebbero complessivamente regnato per 432.000 anni, o 120 saroi (il saros impiegato da Berosso è l’equivalente del sar sumero, quindi corrisponde anch’esso a 3600 anni). Ecco i loro nomi, tradotti dal greco, con i probabili corrispettivi sumeri (i vari manoscritti presentano alcune variazioni nei nomi, ma tutte piuttosto piccole):

  1. Aloro (Alulim; 36.000 anni);
  2. Alaparo (Alalgar; 10.800 anni);
  3. Amelone (Enmenluanna; 46.800 anni);
  4. Ammenone (Enmenunna; 43.200 anni);
  5. Megalaro (Enmengalana; 64.800 anni);
  6. Daono (Dumuzi; 36.000 anni);
  7. Euedoresco (Enmenduranki; 64.800 anni);
  8. Amempsino (Ensipazianna; 36.000 anni);
  9. Obarte (Ubar-Tutu; 28.800 anni);
  10. Xisutro (Ziusudra; 64.800 anni).

Secondo Berosso, i primi due sovrani avrebbero regnato a Babilonia, i successivi cinque a Pautibiblon (Bad-Tibira) e i restanti tre a Larak, prima del Diluvio avvenuto, secondo lui, 36.000 anni prima del suo tempo (ossia circa 38.000 anni fa). La sostituzione di Eridu con Babilonia potrebbe essere spiegata con l’intenzione dello storico di esaltare l’importanza della sua città natale. In realtà, all’epoca di Berosso l’identificazione (e in seguito la sostituzione) di Eridu con Babilonia si era già imposta da tempo, per opera della casta sacerdotale babilonese. Questo non rende certo meno attendibile l’opera dello storico caldeo, che attinse piuttosto fedelmente alle fonti cuneiformi.

Come la Lista degli Apkallu, anche Berosso menziona sette “Saggi” che avrebbero affiancato i re durante il loro governo, ma aggiunge diversi interessanti dettagli, il più curioso dei quali è senza dubbio la descrizione di questi Saggi come uomini pesce. Inoltre, a differenza della Lista degli Apkallu, Berosso associa i Saggi solo a quattro regnanti: 1) Aloro, 2) Ammenone, 3) Daono e 4) Euedoresco, sotto i cui regni emersero dal mare, rispettivamente, 1) Oannes, 2) Annedoto, 3) Euedoco, Eneugamo, Eneubolo, Anemento e 4) Odakon. Sarebbe stato il primo di essi, Oannes, a portare la civiltà, insegnando agli uomini tutte le arti e le scienze. Gli altri Saggi si sarebbero limitati a spiegare più dettagliatamente ciò che Oannes aveva già insegnato per sommi capi.

Considerazioni sulla cronologia antidiluviana

Come possiamo notare, le liste sono piuttosto concordi sui nomi dei re antidiluviani, mentre divergono abbastanza sulla durata complessiva dei loro regni, che varia da 186.000 a 456.000 anni. A chi dare ragione, quindi? Qualcuno potrebbe ritenere più attendibili la WB 444 e la UCBC 9-1819, che collocano l’origine della civiltà in un’antichità, per quanto remota, meno “estrema” rispetto alle altre due. Tuttavia, altri indizi ci portano a considerare proprio le cifre ancor più “astronomiche” di Berosso e della WB 62 come quelle più vicine al vero…

Innanzitutto, diverse fonti antiche menzionano un periodo di oltre 400.000 anni in riferimento alle civiltà mesopotamiche. Secondo Diodoro Siculo, ad esempio, i Caldei avevano tenuto traccia dei movimenti celesti per ben 473.000 anni (Biblioteca Storica, II, 31): si tratta di una cifra molto vicina ai 468.000 anni (432.000 prima e 36.000 dopo il Diluvio) della cronologia di Berosso.  Altri autori riportano cifre simili: 470.000 (Posidonio, citato da Cicerone), 480.000 (Giulio Africano, citato da Sincello) o 490.000 anni (Critodemo e lo stesso Berosso, citati da Plinio; tuttavia come abbiamo visto Berosso forniva in realtà un periodo più breve).

Si potrebbe obiettare che tali testimonianze non sono indipendenti, poiché anch’esse basate, in ultima analisi, sulle medesime fonti cuneiformi. Pertanto non possono essere considerate “prove” di un’antichità così remota più di quanto non lo siano le stesse liste reali. Ma esse non sono l’unico indizio che abbiamo a disposizione: a supportare l’ipotesi di un’origine remotissima della civiltà mesopotamica vi sono pure le ricerche di Mario Buildreps, di cui avevamo già parlato in altre occasioni. Rimando perciò al sito ufficiale e agli articoli precedenti di questo blog chi ancora non le conoscesse.

In sintesi, molti antichi edifici disseminati sul pianeta (piramidi, templi…) appaiono orientati verso poli più antichi (molto più antichi) dell’attuale. Questi ultimi risalirebbero agli intervalli tra una glaciazione e l’altra, quando la crosta terrestre era stabile: durante le glaciazioni, infatti, la crosta si sarebbe deformata causando un lento e graduale spostamento del Polo Nord. È possibile dimostrare matematicamente l’esistenza di quattro poli antecedenti al nostro, il più antico dei quali risalirebbe a quasi 350.000 anni fa. Esiste però un ulteriore polo non ancora matematicamente confermato (definito “Polo VI”) e datato al periodo compreso fra 440.000 e 410.000 anni fa. Ebbene, in alcune “città antidiluviane” come Eridu e Sippar si trovano edifici orientati proprio verso questo polo! È davvero difficile ritenere una simile corrispondenza solamente frutto del caso: appare decisamente più ragionevole l’ipotesi che tali edifici (o perlomeno le loro fondamenta originarie) abbiano veramente l’età che i miti gli attribuiscono.

Mappa di Eridu che mostra l’orientamento dei suoi edifici rispetto al Vero Nord. Da qui.

Alla luce di queste scoperte, anche gli interrogativi sulla reale esistenza dei sovrani antidiluviani e sulla loro estrema longevità assumono un’importanza secondaria. Senza dubbio qualcuno, più di 400.000 anni fa, fondò le città di cui parlano i miti sumeri, le cui vestigia esistono ancora oggi. Anche se Alulim, Alalgar e tutti gli altri re fino a Ziusudra fossero personaggi di fantasia, le affermazioni sull’antichità delle città antidiluviane rimarrebbero valide. Certo è che l’esistenza di personaggi molto longevi potrebbe spiegare facilmente come una civiltà abbia potuto preservarsi lungo un simile arco di tempo.

Ma anche le affermazioni di Berosso secondo cui periodicamente i Saggi sarebbero tornati per reinsegnare agli uomini la civiltà acquistano finalmente un senso. Infatti, è decisamente improbabile che nel corso di oltre 400.000 anni non vi siano state catastrofi di nessun tipo: verosimilmente ve ne furono parecchie, soprattutto durante i cicli di deformazione della crosta terrestre. Gli apkallu potrebbero essere tornati all’inizio di ciascun periodo di stabilità (compreso quello successivo al Diluvio) per favorire ogni volta la ripresa della civiltà. Anche in questo caso, non ha importanza se si tratti di personaggi reali oppure no: sappiamo dalle ricerche di Mario Buildreps che la civiltà fiorì soprattutto in corrispondenza dei periodi interglaciali; su “chi” la guidò possiamo solo fare delle ipotesi.

Parallelismi con l’India

Berosso, come abbiamo visto, assegna al periodo antidiluviano una durata di 432.000 anni. Ma 432.000 anni è anche la durata del Kali Yuga secondo la cronologia tradizionale indiana: quest’epoca, a sua volta, rappresenta la decima parte di un Manvantara, il ciclo completo di sviluppo di un’Umanità, della durata – appunto – di 4.320.000 anni. René Guénon era dell’opinione che i numerosi zeri che compaiono nelle cronologie indiane avessero il solo scopo di confondere i profani; egli riteneva più plausibile, in base ad alcuni calcoli, una durata di “soli” 64.800 anni per ciascun Manvantara.

E se ad “essere di troppo” nella cronologia tradizionale fosse solo uno zero? In questo modo il Manvantara avrebbe una durata di 432.000 anni: il suo inizio coinciderebbe approssimativamente col periodo del “Polo VI” identificato da Mario Buildreps e la sua fine sarebbe ormai prossima, coerentemente con quanto sostenuto dagli studiosi tradizionalisti. I quattro yuga da cui è formato (Krita, Treta, Dvapara e Kali) durerebbero rispettivamente 172.800, 129.600, 86.400 e 43.200 anni: l’inizio del Treta Yuga cadrebbe dunque in pieno “Polo IV” (circa 260.000 anni fa), mentre quello del Dvapara Yuga al termine del “Polo II” (circa 130.000 anni fa).

Ma a legare l’inizio del periodo antidiluviano sumero agli albori del Manvantara indiano vi sono anche altri parallelismi. Basti pensare alla figura del pesce, rappresentata da Oannes nella mitologia sumera e da Matsya (primo avatar di Vishnu, che compare appunto all’inizio del Manvantara) in quella indiana. Oannes era uno dei sette apkallu antidiluviani, i quali ricordano i sette rishi (“saggi”) dei miti indiani. Volendo, potremmo intravedere un collegamento anche con la mitologia azteca, secondo cui gli uomini del ciclo precedente il nostro (terminato con un diluvio) si erano tramutati in pesci: alla luce di questo mito, potrebbe apparire “logico” che fosse proprio un pesce, erede del ciclo precedente, a portare la civiltà agli uomini del ciclo successivo.

Rappresentazioni di un apkallu sumero (a sinistra) e di Matsya, primo avatar di Vishnu (a destra).

Infine, anche le liste reali indiane, nonostante la loro origine tarda, presentano diverse similarità con quelle sumere. Il Bhavishya Purana riporta una lunghissima lista di re che avrebbero regnato dall’inizio del Manvantara (quasi 4 milioni di anni fa, coerentemente con la cronologia tradizionale) fino ai nostri tempi. E anche qui, le durate dei regni sono spesso plurimillenarie: Ikshvaku, figlio di Manu (l’eroe indiano del Diluvio) e primo re del Manvantara, regna per 36.000 anni, proprio come, secondo alcune fonti sumere, il primo sovrano antidiluviano Alulim.

I re postdiluviani

Non possiamo non spendere qualche parola anche a proposito dei sovrani postdiluviani. Di questo gruppo fanno parte, ovviamente, anche i re “storici”, ma noi ci interesseremo soprattutto dei regnanti più antichi, i cui nomi compaiono in alcune liste (in particolare la WB 444) ma la cui effettiva esistenza non è stata ancora provata.

Vediamo innanzitutto che anche i primi re postdiluviani godono di una notevole longevità (sebbene grandemente ridotta rispetto a prima del Diluvio). Basti pensare che i ventitré re della prima dinastia di Kish regnano complessivamente per ben 17.980 anni: quasi 800 a testa! La WB 444, in realtà, riporta una durata complessiva ancora maggiore (24.510 anni); tuttavia sommando i singoli regni otteniamo appunto un totale di 17.980 anni. Il fatto che al re En-Tarah-Ana venga attribuito un regno di 420 anni, 3 mesi e 3 giorni e mezzo farebbe accantonare l’idea che gli anni di regno vadano intesi come periodi più brevi.

Gli studiosi, comunque, considerano del tutto inattendibili tali cifre: i personaggi ritenuti realmente esistiti vengono collocati tutt’al più intorno al 3000 a.C., o in epoche ancora più vicine a noi. In effetti, ricostruire una cronologia precisa non è facile, dal momento che anche dinastie fra loro contemporanee vengono elencate in successione: per esempio, Agga, l’ultimo sovrano della prima dinastia di Kish, risulta contemporaneo di Gilgamesh, il quinto della prima dinastia di Uruk.

Risulta quindi piuttosto arduo stabilire l’epoca in cui le dinastie storiche affondano le loro radici. Per conoscerla dovremmo individuare con buona approssimazione la data del Diluvio, un’impresa più difficile di quanto non si creda. Se prendiamo per buona la cronologia di Berosso, ad esempio, dovremmo collocare la catastrofe che “spazzò via ogni cosa” intorno al 36.000 a.C. Diversi ricercatori indipendenti, come Graham Hancock, suggeriscono invece una data più recente, intorno ai 12.800 anni fa. Il Diluvio sarebbe stato causato da un impatto meteoritico, che avrebbe provocato un repentino scioglimento delle calotte glaciali. Ne sarebbe seguito il periodo di raffreddamento noto come Dryas Recente.

Ma esistono anche altre possibilità. In questo articolo, ad esempio, avevamo ipotizzato che un’altra catastrofe potrebbe essersi verificata intorno ai 26.000 anni fa. Per inciso, 26.000 anni è anche l’età del Polo Nord attuale secondo le ricerche di Mario Buildreps: ancora una volta, quindi, potrebbe essere stata proprio la stabilizzazione della crosta terrestre a garantire le condizioni per un rinnovato sviluppo della civiltà mesopotamica. Nell’attesa che ulteriori ricerche gettino luce sulla questione, quest’ultima data rimane, a mio parere, la più probabile.

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