Le Pietre di Ica, un’Enciclopedia Preistorica – Medicina

Pietra di Ica raffigurante due chirurghi mentre operano un paziente. Questa ed altre immagini, dove non diversamente specificato, sono tratte da qui.

Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta delle pietre di Ica. Nel loro insieme, queste pietre possono essere considerate, a buon diritto, una vera e propria enciclopedia, in cui un’antichissima civiltà perduta raccolse tutto il proprio sapere.

Nel precedente articolo ci eravamo occupati di geografia; in questo, invece, ci interesseremo di medicina, un campo in cui questa civiltà eccelleva e nel quale riuscì a ottenere risultati perfino superiori ai nostri.

Anatomia

Tra le numerose pietre a tema medico, ve ne sono alcune che illustrano gli organi del corpo umano. Queste raffigurazioni sono notevolmente particolareggiate, adatte più a uno studente di medicina che non a un turista in cerca di souvenirs. Ciò rafforza ulteriormente l’idea che le pietre siano state concepite con fini “didattici”, mentre ci porta a scartare l’ipotesi che si tratti di falsi creati dai campesinos di Ica. E questo vale, ovviamente, anche per le altre pietre sullo stesso tema.

Pietra di Ica raffigurante un cuore umano con i suoi vasi sanguigni.

Un ulteriore indizio che queste pietre siano autentiche consiste nel fatto che talvolta l’anatomia degli uomini gliptolitici appare leggermente diversa dalla nostra, oppure è descritta in modo singolare. Si osservi ad esempio l’immagine sottostante, in cui l’intestino è raffigurato come un tubo arrotolato su se stesso: si tratta di una rappresentazione piuttosto inusuale in anatomia, perciò è difficile pensare che possa essere stata copiata da un libro di testo moderno.

Particolare di una pietra illustrante un’operazione chirurgica: sono riconoscibili diversi organi facenti parte dell’apparato digerente.

Operazioni chirurgiche e metodi di anestesia

Alcune pietre descrivono, passo dopo passo, delle complesse operazioni chirurgiche. Cabrera – un medico – studiò approfonditamente queste incisioni e riuscì a decifrarne il contenuto (non solo quello figurativo, ma anche quello simbolico). Pertanto qui ci rifaremo alle sue intuizioni, che ritengo tuttora attuali.

Le operazioni chirurgiche vengono precedute dall’anestesia del paziente, e alcune pietre raffigurano proprio questa procedura. Secondo Cabrera, la civiltà gliptolitica conosceva due metodi di anestesia: il primo era basato sull’agopuntura, mentre il secondo sull’inalazione di gas.

Nella pietra mostrata qua sotto è raffigurato il primo di questi due metodi. La scena descrive un parto cesareo. La partoriente sembra indossare una sorta di pezzola con un motivo a rombi: Cabrera lo interpretava come simbolo dello stato di incoscienza indotto dall’anestesia. Si può notare anche che dalla bocca della donna (così come da quella di uno dei chirurghi) sembrano fuoriuscire tre spilli: questi simboleggerebbero il metodo di anestesia impiegato, l’agopuntura appunto. Ma perché si trovavano associati anche a uno dei chirurghi? Secondo Cabrera, ciò indicava che era stato lui a praticare l’anestesia.

Questa pietra raffigura un parto cesareo in cui la donna è stata anestetizzata tramite agopuntura.

Un altro metodo di anestesia è mostrato nella pietra riportata qua sotto, anch’essa raffigurante un parto cesareo. La partoriente ha in bocca una specie di pipa, in cui si individua lo stesso motivo a rombi già visto prima e alcuni piccoli cerchi: questo indicherebbe che l’anestesia era ottenuta tramite il gas, simboleggiato dai cerchi (che ricordano appunto delle bollicine d’aria in un liquido). Il parto sembra essere gemellare, ma secondo Cabrera il secondo bambino rappresenta solo un periodo di gestazione più lungo del normale, simboleggiato dalle 11 “piramidi” (= 11 mesi) a cui è associato.

Un altro esempio di parto cesareo, in cui l’anestesia è stata ottenuta tramite inalazione di gas.

In entrambe le pietre, i chirurghi sono associati alla foglia, simbolo dell’energia (anche le loro braccia ricordano delle foglie): ciò, secondo Cabrera, indicava che lo strumento che usavano per tagliare funzionava grazie all’energia elettrica.

Per quanto riguarda altre tipologie di operazioni chirurgiche effettuate, nelle immagini sottostanti sono riportati alcuni esempi, che mostrano come la civiltà gliptolitica fosse assai progredita in questo campo.

Operazione al fegato.
Operazione allo stomaco.
Asportazione di un rene. Da qui.

Trapianti

Ma eccoci arrivati a uno degli argomenti più interessanti trattati dalle pietre di Ica: quello dei trapianti di organi. In questo campo, la civiltà gliptolitica raggiunse risultati tuttora ineguagliati. Ma vediamo intanto, brevemente, qual è lo stato dell’arte attuale.

Innanzitutto, un trapianto consiste nell’espianto di un organo o di un tessuto da un soggetto (il donatore) e il suo impianto in un altro soggetto (il ricevente), solitamente per sostituire le rispettive parti malate o danneggiate. Alcuni trapianti, come quello di rene o di midollo osseo, possono essere effettuati da un donatore vivente, mentre per altri il donatore deve essere già deceduto. In realtà, la “morte” che viene presa in considerazione in questi casi è solo quella cerebrale, il che comporta notevoli problemi etici, che comunque in questa sede non ci interessa trattare (potete approfondire su questo sito; qui trovate un’ottima intervista sull’argomento).

Durante la prima metà del XX secolo furono effettuati diversi tentativi di trapianto di organi fra esseri umani, perlopiù infruttuosi: infatti l’organismo del ricevente riconosce le parti del corpo estranee, dando luogo al fenomeno del rigetto. Ciò faceva sì che il ricevente avesse vita breve in seguito al trapianto. Fu solo a partire dagli anni ’70, con l’uso di farmaci immunosoppressori come la ciclosporina, che la sopravvivenza di questi pazienti aumentò. Negli ultimi decenni i progressi in questo campo sono stati davvero notevoli: sono stati trapiantati con successo la mano, la faccia, la mandibola, l’utero, il pene, le braccia, le gambe, ed altro ancora. Tuttavia, lo scoglio del rigetto è tuttora insuperabile senza il ricorso ai farmaci immunosoppressori, che devono essere assunti a vita dal ricevente.

Ebbene, alcune pietre di Ica mostrano chiaramente che gli uomini gliptolitici riuscirono nell’impresa di trapiantare gli organi, spingendosi fino al trapianto di cervello (tuttora impossibile per noi). Inoltre, essi conoscevano il fenomeno del rigetto e avevano trovato il modo di impedirlo, forse permanentemente. Ma vediamo le cose un po’ più nel dettaglio…

Trapianti di cuore

Uno dei trapianti illustrato dalle pietre di Ica è quello del cuore. Ogni pietra fa parte di una serie e mostra una differente fase dell’operazione, dal prelievo dell’organo al suo trapianto nel soggetto ricevente. La dovizia di particolari e il realismo di queste incisioni rendono estremamente difficile ritenere queste pietre dei falsi. È bene far notare, inoltre, che gran parte delle pietre fu ritrovata tra gli anni ’60 e ’70, quando la scienza medica stava ancora muovendo i primi passi in questo campo (il primo trapianto di cuore effettuato con successo risale al 1967).

Pietra che illustra una delle fasi di un trapianto di cuore.

Ma se i chirurghi gliptolitici riuscivano a trapiantare gli organi, come facevano ad evitare il rigetto dell’organo trapiantato? Il dottor Cabrera osservò che il ricevente, prima del trapianto, riceveva una trasfusione di sangue proveniente da una donna incinta e intuì che questa procedura servisse proprio per evitare il rigetto. In effetti, ciò che accade in gravidanza non è dissimile dal trapianto di un organo: il feto possiede un proprio patrimonio genetico, che è differente da quello della madre; pertanto quest’ultima deve possedere dei sistemi per evitarne il rigetto e portare a termine la gestazione.

I meccanismi della tolleranza immunologica che si osserva in gravidanza non sono stati ancora completamente chiariti e sembrano coinvolgere numerosi fattori. Cabrera ipotizzò che la molecola chiave (necessaria per impedire il rigetto dell’organo trapiantato) fosse un ormone steroideo sconosciuto; è noto, in effetti, che il progesterone (un ormone steroideo prodotto in grande quantità dalla placenta) ha un ruolo essenziale nell’impedire il rigetto del feto.

Tuttavia, molto probabilmente lo scopo delle trasfusioni non era quello di somministrare sostanze immunosoppressive, bensì d’indurre una vera e propria tolleranza immunologica, analoga a quella che si verifica nella donna incinta. La tolleranza (definita addirittura “il Santo Graal” dei trapianti) fa sì che il sistema immunitario del ricevente non riconosca l’organo del donatore come estraneo, e quindi non lo attacchi. In questo caso, dunque, l’uso di sostanze immunosoppressive non è necessario.

Ebbene, già da tempo è noto che la trasfusione di sangue dal donatore al ricevente, prima del trapianto, può indurre tolleranza immunologica. Sembra che ciò sia dovuto alla presenza, nel sangue del ricevente, di globuli bianchi del donatore; tuttavia, la medicina non è ancora riuscita a padroneggiare del tutto questo fenomeno. Gli uomini gliptolitici, invece, molto probabilmente ci erano riusciti: nell’immagine riportata sopra, infatti, si osserva che il cuore da trapiantare è collegato al sistema circolatorio della donna incinta; forse questa procedura serviva per sostituire il sangue del donatore con quello della gestante, capace di determinare una tolleranza più stabile e duratura.

Trapianti di cervello

Il trapianto di cervello presenta ancora oggi delle difficoltà insormontabili: infatti, oltre al problema del rigetto, c’è quello di mantenere il cervello vitale al di fuori dell’organismo (cosa possibile solo per pochi minuti) e quello di connettere fra loro le migliaia di fibre nervose che collegano l’encefalo al midollo spinale. Inoltre, il trapianto di un organo considerato la sede della personalità di un individuo (nonché delle sue funzioni cognitive) comporterebbe problemi etici non da poco. Ma apparentemente gli uomini gliptolitici non si ponevano questi problemi, e riuscirono a risolvere anche quelli tecnici.

La sequenza di pietre che illustra il trapianto di cervello è riportata qua sotto. Nell’ordine, sono rappresentate: 1) apertura della scatola cranica del donatore; 2) asportazione del cervello; 3) cervello asportato; 4) trapianto del cervello nel ricevente; 5) ristabilimento delle connessioni nervose; 6) sutura.

Le varie fasi del trapianto di cervello illustrate nelle pietre.

Il lettore attento avrà notato, nella quarta immagine, un curioso particolare: il trapianto, insieme al cervello, del rene. Secondo Cabrera, il trapianto dei reni (comprese le ghiandole surrenali), anch’essi provenienti dal medesimo donatore, era un metodo alternativo per evitare il rigetto. Il perché non è del tutto chiaro: è noto, tuttavia, che nel feto le ghiandole surrenali sono notevolmente grandi, e che la loro produzione di ormoni aumenta marcatamente nella donna incinta. Può darsi, quindi, che gli ormoni surrenalici abbiano un ruolo fondamentale nell’instaurazione della tolleranza immunologica in gravidanza, e possano indurla anche verso un organo trapiantato.

Cabrera riteneva che lo scopo di questo tipo di trapianto potesse essere quello di trasferire il cervello di una persona anziana nel corpo di un giovane. In questo modo, il soggetto anziano avrebbe conservato il suo bagaglio di conoscenze e di esperienze (in quanto immagazzinate nel cervello), ma avrebbe avuto un nuovo corpo più prestante. Questo gli avrebbe permesso di vivere e di mettere a frutto le sue conoscenze ancora per parecchio tempo.

Chiaramente, una simile “filosofia” oggi potrebbe inorridire: del resto, tutto ciò era perfettamente “logico” per una civiltà che – così sosteneva il dottor Cabrera – aveva posto la conoscenza al disopra di ogni cosa. Comunque, è certo che da questa Umanità, così lontana da noi nel tempo, abbiamo ancora molto da imparare dal punto di vista medico-scientifico.

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