Le Pietre di Ica, un’Enciclopedia Preistorica – Geografia

Alcune pietre di Ica, come questa, sembrano rappresentare i continenti del nostro pianeta, la cui configurazione appare molto diversa da quella attuale. Da qui.

Nel precedente articolo avevamo introdotto l’argomento delle pietre di Ica, che avevamo paragonato, nel loro complesso, ad una vera e propria “enciclopedia” scritta da un’antichissima civiltà scomparsa. Più precisamente, le singole pietre rappresenterebbero le pagine sparpagliate di questa enciclopedia, la cui originaria estensione è difficile da quantificare ma che possiamo stimare in centinaia di migliaia di pietre.

Lo scopo di questa enciclopedia, probabilmente, non era dissimile da quello delle enciclopedie moderne: ovvero, raccogliere tutto il sapere su uno o più argomenti in una forma facilmente fruibile. Oggi esistono enciclopedie cartacee e digitali, ma la civiltà “gliptolitica” (come definita dal dottor Cabrera, il primo studioso di queste pietre), che pure era molto avanzata tecnologicamente, scelse come supporto proprio la pietra: si trattava, infatti, dell’unico mezzo che avrebbe consentito di conservare le informazioni per migliaia di anni, e quindi di trasmetterle ai posteri.

In questo articolo e in quelli successivi passeremo in rassegna i principali temi trattati da questa enciclopedia preistorica, cominciando dalla geografia.

Le linee di Nazca

Alcune pietre recano incisi disegni che ricalcano i geoglifi presenti sull’altopiano di Nazca, situato circa 100 km a sud di Ica.  Questi geoglifi sono noti nel complesso come “linee di Nazca”: alcuni sono delle semplici linee, mentre altri sono disegni stilizzati, perlopiù di animali tipici della zona. Sono stati realizzati grattando via la parte più superficiale del terreno, ricca di ossido di ferro, lasciando allo scoperto quella più profonda e più chiara. La stabilità climatica dell’altopiano ha fatto sì che i disegni siano rimasti intatti nel corso dei secoli.

Mappa delle linee di Nazca. Da qui.

Ma chi furono gli autori di questi disegni, visibili nella loro interezza solo dall’alto? La maggior parte degli studiosi li attribuisce alla civiltà Nazca, fiorita tra il 300 e il 500 d.C. Ma perché allora ritroviamo i medesimi disegni sulle pietre di Ica? A mio avviso, vi sono quattro spiegazioni possibili:

  1. Le pietre con questi disegni sono dei falsi, realizzati (insieme ad altri) dai campesinos di Ica;
  2. Le linee di Nazca sono opera della civiltà gliptolitica;
  3. Le linee di Nazca sono opera di una civiltà ancora più antica di quella gliptolitica, la quale si limitò a riportare i disegni sulle pietre;
  4. I disegni furono realizzati su pietra dalla civiltà gliptolitica; in seguito un’altra civiltà rinvenne le pietre con questi disegni e decise di riprodurli sull’altopiano di Nazca.

Personalmente, ritengo le ultime due possibilità poco probabili: i disegni sembrano rivestire dei significati che vanno ben oltre quello figurativo; pertanto, è logico pensare che i geoglifi e le incisioni sulla pietra appartengano ad una stessa civiltà, quella gliptolitica, l’unica in grado di comprenderne anche i significati simbolici (e quindi l’importanza). Fermo restando che non possiamo escludere nemmeno la prima possibilità, cioè che le pietre recanti questi disegni siano false: è stato fatto notare, per esempio, che il geoglifo della scimmia è diverso dai corrispettivi disegni sulle pietre: nel primo, infatti, l’animale ha 9 dita nelle mani (5 in una mano e 4 nell’altra) e 3 dita per piede, mentre nei secondi vi sono spesso 5 dita per mano e 9 dita nei piedi, 5 in uno e 4 nell’altro (anche la coda si presenta spesso diversa). Una svista dei falsari? O dell’autore gliptolitico? O ancora, una differenza tra il “progetto originario” su pietra e l’opera definitiva sul terreno? Per ora non possiamo che restare nel campo delle ipotesi…

Alcune pietre con disegni che ricalcano quelli presenti sull’altopiano di Nazca. In basso a destra, il geoglifo della scimmia: si possono notare le differenze con la scimmia incisa sulle pietre. Tutte le immagini sono tratte da qui.

Sia come sia, le linee di Nazca hanno l’aria di essere molto antiche. Anzi, estremamente antiche. Da cosa si evince? Semplice: dal loro orientamento rispetto al Polo Nord geografico! Avevamo già parlato qui delle ricerche di Mario Buildreps, che mostrano come moltissimi antichi edifici (templi, piramidi, ecc.) siano orientati verso determinati punti del globo terrestre, ciascuno identificabile come un antico Polo Nord geografico (questa ricostruzione è supportata da una robusta impalcatura matematica). Il Polo Nord si sarebbe spostato a causa di cicli di deformazione della crosta terrestre, conosciuti comunemente col nome di “ere glaciali”: pertanto i poli (e quindi gli edifici orientati verso di essi) risalirebbero agli intervalli tra un ciclo e l’altro.

Per adesso, è stata dimostrata la presenza di 5 di questi poli, il più antico dei quali (denominato “Polo V”) risale a quasi 350.000 anni fa. Un altro polo precedente, il Polo VI, risalirebbe invece a 440.000 anni fa, ma la sua esistenza deve ancora essere dimostrata matematicamente. Eppure, sembra che alcune costruzioni peruviane siano ancora più antiche: il sito archeologico di Caral, per esempio, potrebbe avere la bellezza di 740.000 anni!

Ma qual è l’orientamento delle linee di Nazca? La maggior parte dei disegni è orientata di oltre 50° a est rispetto al vero nord; pertanto il metodo seguito da Mario e collaboratori (calibrato su orientamenti non superiori ai 45° rispetto al nord) non può essere applicato. Tuttavia, se ipotizziamo che anch’essi fossero un tempo orientati verso nord, la loro antichità sarebbe ancora maggiore di quella di Caral! Per ora non possiamo determinare l’età esatta, ma a mio avviso potrebbe aggirarsi tra 800.000 e 1.000.000 di anni, cifre veramente da capogiro.

La mappa a sinistra (tratta da qui) mostra che i geoglifi di Nazca sono orientati verso un antico punto cardinale, forse il Polo Nord. L’immagine a destra mostra la posizione approssimativa di questo ipotetico polo.

Nel precedente articolo avevamo riportato i risultati della datazione di due pietre di Ica (o meglio, del terreno dov’erano state rinvenute) tramite termoluminescenza: l’analisi aveva fornito un’età di quasi 100.000 anni per una pietra e di circa 60.000 per l’altra. Ma se, come abbiamo ipotizzato, le pietre hanno la stessa età dei geoglifi di Nazca, allora dobbiamo retrodatarle di svariate centinaia di migliaia di anni.

Si potrebbero sollevare, tuttavia, almeno due obiezioni alla presente ricostruzione: 1) è improbabile che le linee di Nazca si siano conservate per così tanto tempo; e 2) tra i soggetti dei geoglifi vi sono degli assenti “eccellenti”: i dinosauri!

Per quanto riguarda la prima obiezione, abbiamo già detto che sull’altopiano di Nazca l’azione degli agenti atmosferici è piuttosto blanda, e ciò rende l’erosione del terreno pressoché nulla. È anche possibile che le varie civiltà susseguitesi nel corso dei millenni abbiano “restaurato” le linee, mantenendole visibili fino ai giorni nostri.

Ma che dire dell’assenza dei dinosauri? Bisogna innanzitutto specificare (ma lo vedremo meglio in un prossimo articolo) che sulle pietre di Ica si trovano incisi anche numerosi animali “moderni”, che evidentemente coesistevano con i dinosauri. Dunque l’assenza di questi ultimi non basta per screditare la nostra ipotesi. Tuttavia, è pur vero che i dinosauri dovevano rappresentare una buona fetta della fauna terrestre; pertanto è strano che tra le linee di Nazca non ve ne sia traccia.

Ma è proprio vero che non ce n’è nessuna traccia? In realtà, due anni fa un gruppo di archeologi giapponesi ha scoperto sull’altopiano ben 143 nuovi disegni, alcuni dei quali abbastanza “singolari”. Prendiamo ad esempio quello qua sotto: di che animale potrebbe trattarsi? L’aspetto ricorda quello di un lucertolone panciuto, dalle zampe corte e tozze. Ebbene, nella fauna preistorica esistono animali con caratteristiche simili (peraltro ritenuti ancora più antichi dei dinosauri): i terapsidi. Da notare, inoltre, che il muso dell’animale è orientato di circa 45° a est rispetto al nord: ciò indica che anch’esso, probabilmente, risale ad un’epoca remotissima: forse quella della civiltà gliptolitica?

Il “dinosauro” di Nazca. Più che un dinosauro, tuttavia, la figura ricorda un terapside, un tipo di animale considerato l’antenato dei moderni mammiferi. Da qui.

I continenti

Tra le pietre di Ica non mancano quelle che sembrano raffigurare i continenti del nostro pianeta. La loro forma e posizione, tuttavia, appare molto diversa da quella attuale, per cui risulta piuttosto difficile identificarli.

La prima cosa che possiamo notare è che le terre emerse appaiono sempre piuttosto vicine fra loro: si tratta forse di un espediente per risparmiare spazio sulla pietra? Oppure, all’epoca della civiltà gliptolitica, i continenti erano davvero così?

Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo introdurre una teoria formulata oltre un secolo fa, ma ancora poco conosciuta, quella dell’espansione della Terra. Secondo questa teoria, in passato il pianeta era più piccolo di adesso, e le terre emerse ricoprivano tutta la sua superficie. L’espansione ha portato alla rottura di questo continente primordiale (una sorta di Pangea, ma priva della sua controparte acquatica, la Pantalassa) e al progressivo allontanamento dei continenti così formatisi.

Modello dell’espansione della Terra.

Il gruppo di ricerca di Mario Buildreps ha indagato anche su questo argomento. La loro ricerca non è stata ancora completata, ma vi sono già indizi sufficienti per ritenere che il processo di espansione sia molto più recente di quanto precedentemente ritenuto. In altre parole, tale processo non sarebbe iniziato centinaia di milioni di anni fa, ma in un’epoca molto più vicina alla nostra. Pertanto, è possibile che gli uomini gliptolitici abbiano davvero vissuto in un pianeta più “compatto”, dove la gravità era minore e dove quindi anche giganti e animali enormi, come i dinosauri, potevano camminare senza collassare sotto il loro peso.

Proviamo dunque a ricostruire la morfologia del nostro pianeta all’epoca della civiltà gliptolitica. Alcune mappe sono di difficile interpretazione, mentre altre appaiono vagamente familiari. Prendiamo ad esempio le due pietre qui sotto: nella prima sembra di intravedere l’Africa, le due Americhe, una parte dell’Eurasia, il continente formato da Antartide e Australia unite e, in basso a sinistra, un continente sconosciuto che dalla posizione potremmo identificare con la Zealandia (di cui sotto è ricostruita approssimativamente la morfologia). La seconda pietra sembra raffigurare L’Antartide, connessa all’America Meridionale. Si intravede anche una parte dell’Africa e la Zealandia.

Sopra, due pietre-mappe; sotto, una possibile interpretazione delle incisioni (NB: i continenti non sono perfettamente in scala). Nella seconda pietra, un’ulteriore possibilità consiste nell’identificare il continente connesso all’Antartide con l’Africa, quello in basso con il Sudamerica e quello in alto con il Sundaland. Le immagini delle pietre sono tratte da qui.

Si può notare, inoltre, che sulle mappe i continenti sono divisi in scompartimenti, ognuno dei quali presenta delle figure. Ciò, se ci pensiamo bene, è perfettamente logico: anche nelle nostre cartine i territori sono divisi in regioni più o meno ampie e vi sono simboli per indicare la presenza di città, monumenti, o elementi naturali (fiumi, laghi, montagne…). Secondo il dottor Cabrera, anche le figure presenti sulle pietre erano perlopiù simboliche ed indicavano le varie attività che si praticavano sul continente (industria, allevamento, agricoltura…), le caratteristiche degli uomini che lo popolavano, la presenza di città, animali, piante, e così via. Insomma, una sorta di atlante dov’erano concentrate le informazioni sulla geografia, sia fisica che economica, del nostro pianeta.

Il fatto che gli autori delle pietre conoscessero così bene la geografia indica che quella gliptolitica era probabilmente una civiltà globale, o perlomeno in contatto con tutto il resto del mondo. La sua sede, però, era con ogni probabilità il Perù, dove appunto ne sono state ritrovate le tracce. Il Perù, insieme all’Egitto e alla Mesopotamia, sembra essere stato fin dalla notte dei tempi un luogo particolarmente favorevole per lo sviluppo della civiltà. Secondo le parole, riportate da Platone nel Timeo (22d-e), di un anziano sacerdote egizio, alcuni luoghi del mondo sono meno suscettibili di altri alle catastrofi naturali, e ciò consente alla civiltà di prosperarvi più a lungo. E se ciò era valido per l’Egitto, altrettanto lo era per il Perù, sede di quella che forse è la più antica civiltà di cui sia rimasta traccia sul pianeta: quella gliptolitica.

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