Le Pietre di Ica, un’Enciclopedia Preistorica – Introduzione

Una sala del Museo Cabrera, ad Ica. Nel Museo sono custodite migliaia di pietre incise, forse opera di un’antichissima civiltà perduta e tecnologicamente avanzata. Da qui.

Immaginate di dover lasciare un messaggio ai vostri lontani (anzi, lontanissimi) discendenti. Un messaggio che funga da testimonianza della nostra civiltà, del mondo in cui abbiamo vissuto. Dove lo scrivereste? Che tipo di supporto scegliereste? Una pergamena, magari da inserire in una bottiglia sigillata? Un libro illustrato? Un DVD? Una chiavetta USB?

Beh, in realtà c’è un supporto molto più efficiente: la pietra. Già, la pietra. Per quanto possa sembrare rozzo e primitivo, è l’unico mezzo in grado di conservare un messaggio per tempi lunghissimi, fino a svariate migliaia di anni. Altro che i floppy disk!

Ebbene, gli antichi sapevano questo. E infatti è proprio sulla pietra, anzi, su migliaia di pietre, che hanno vergato il loro testamento. Queste pietre sono note come “pietre di Ica”, dal nome della località dove furono rinvenute, che si trova in Perù.

A prima vista, le pietre di Ica possono sembrare delle normalissime pietre incise. Ma ben presto ci si accorge che i soggetti raffigurati sono decisamente fuori dall’ordinario. Uomini con strani copricapi, intenti a scrutare il cielo con lunghi cannocchiali o ad eseguire operazioni chirurgiche “impossibili”… Non solo: insieme agli uomini sono talvolta effigiati animali estinti da tempo, tra i quali perfino dei dinosauri! E non mancano nemmeno delle pietre-mappamondo, in cui il nostro pianeta appare però alquanto diverso da com’è oggi.

In questa pietra, un uomo osserva la volta celeste con quello che sembra un telescopio ante litteram. Da qui.

Insomma, ciascuna pietra potrebbe rappresentare una pagina di una sorta di “enciclopedia” scritta da una civiltà scomparsa migliaia di anni fa. Ora, come vedremo tra poco, esistono parecchie controversie in merito all’autenticità delle pietre. Sappiamo per certo che alcune di esse sono false, ma ce ne sono pure molte autentiche – in numero comunque sufficiente per riscrivere totalmente la storia dell’Umanità.

In questo articolo ripercorreremo brevemente la storia della scoperta delle pietre di Ica e tenteremo di determinare l’epoca in cui furono incise. Nei prossimi articoli invece ci occuperemo di alcuni temi trattati da questa “enciclopedia preistorica”.

Un po’ di storia

La storia ufficiale delle pietre di Ica inizia nel 1966. Nel maggio di quell’anno, Javier Cabrera Darquea, un medico del posto, ricevette in dono da un amico d’infanzia una di queste pietre, sulla quale era inciso un pesce appartenente a una specie sconosciuta. Cabrera osservò la pietra e si ricordò che trent’anni prima, nel terreno di suo padre, ne era stata rinvenuta una dello stesso tipo, raffigurante però un uccello, anch’esso sconosciuto.

Incuriosito, Cabrera chiese all’amico dove si fosse procurato l’oggetto. Egli rispose di averla ricevuta da suo fratello, che aveva un’ampia collezione di tali pietre. Ma aggiunse che altre persone e perfino il Museo Regionale di Ica avevano delle raccolte simili. Gli archeologi compravano le pietre dai contadini di Ocucaje (una località vicina ad Ica), i quali ne avevano scoperte in gran quantità dopo uno straripamento del fiume Ica, avvenuto nel 1961.

Cabrera decise perciò di indagare più a fondo e cominciò anch’egli a raccogliere pietre. Furono soprattutto i contadini di Ocucaje a fornirgliele: talvolta le usavano perfino al posto del denaro per pagargli le visite. In questo modo Cabrera giunse nel giro di poco tempo a mettere insieme oltre 5000 pietre. Iniziò così a studiare le incisioni che esse recavano.

Il dottor Cabrera nel suo studio. Da qui.

Ben presto Cabrera si accorse che le pietre non erano state concepite come opere d’arte. Avevano, piuttosto, una funzione didattica: nel loro complesso, apparivano come pagine di un libro sparpagliate. Pertanto il loro significato poteva essere compreso solo riordinandole nella giusta sequenza. Per esempio, le fasi del ciclo vitale di un animale o quelle di un intervento chirurgico erano spesso rappresentate ciascuna su una singola pietra; ricostruendo la serie completa, si aveva la descrizione di tutto il processo.

In seguito, Cabrera comprese che alcune incisioni avevano un significato simbolico: la foglia, per esempio, ricorreva molto spesso e simboleggiava la vita, l’energia e – specialmente se associata ad un essere umano – la capacità di ragionare. Ciò a riprova del fatto che le pietre non avevano finalità artistiche, ma erano state incise per lasciare un messaggio, che aspettava soltanto di essere decifrato.

Ma chi sarebbero stati gli autori delle incisioni? Cabrera le attribuiva ad un’antichissima civiltà, da lui definita “gliptolitica” (cioè “delle pietre incise”), vissuta milioni di anni fa insieme ai dinosauri. Secondo lui, gli uomini di quell’epoca (provenienti dal cosmo) avrebbero creato l’uomo attuale manipolando geneticamente un primate, il notarcto. In seguito la civiltà gliptolitica sarebbe scomparsa a causa di una catastrofe planetaria, provocata forse da un utilizzo squilibrato dell’energia.

Il dottor Cabrera è passato a miglior vita nel 2001. Sebbene alcune delle sue ipotesi possano apparire fantasiose, egli è stato senza dubbio uno studioso eccezionale, il cui lavoro pioneristico riveste ancora oggi un’importanza straordinaria. Pertanto nei prossimi articoli torneremo a parlare di lui e delle scoperte da lui effettuate.

Le pietre sono false! O no?

Ma eccoci arrivati alla domanda cruciale: come facciamo a sapere se le pietre di Ica sono autentiche? Inutile dire che gli archeologi (come il resto della comunità scientifica) le ritengono sic et simpliciter dei falsi: secondo le teorie i dogmi attuali, è impossibile che migliaia di anni fa sia esistita una civiltà tecnologicamente avanzata; non parliamo poi della coesistenza di uomini e dinosauri!

Tuttavia, alcuni fatti sembrerebbero confermare queste asserzioni. Infatti furono proprio due contadini che procuravano le pietre a Cabrera, tali Basilio Uchuya ed Irma Gutierrez, ad ammettere di essere gli autori delle incisioni. Poiché la vendita di reperti archeologici era proibita dalla legge peruviana, i due vennero arrestati e si difesero ammettendo l’inganno. In occasione di alcune interviste, Basilio dimostrò che era possibile creare una pietra “autentica” realizzando le incisioni con un semplice trapano da dentista. Inoltre, cuocendo la pietra nello sterco di vacca, si poteva generare la patina tipica dei reperti antichi. Ma che dire dei soggetti raffigurati? Semplice: erano stati copiati da libri, riviste e fumetti.

Ecco una probabile pietra falsa: si noti che il dinosauro evidenziato, uno stegosauro, è identico a quello raffigurato nelle tavole mostrate da Basilio Uchuya, da cui egli affermava di aver preso spunto per le incisioni.

Il caso, dunque, potrebbe essere archiviato come una frode archeologica. Eppure, troppe cose non tornano in questa versione. Tanto per cominciare, è chiaro che i campesinos avevano un motivo più che valido per attribuirsi la paternità delle incisioni: se avessero ammesso che le pietre erano autentiche, sarebbero stati incarcerati. Pertanto, erano in un certo senso obbligati a spacciare le pietre come loro creazioni.

Ciò non contraddice il fatto che alcune delle pietre siano effettivamente dei falsi. Indica, piuttosto, che non tutte le pietre sarebbero tali. Esistono, peraltro, altri indizi che puntano nella stessa direzione. Eccoli:

1) Il numero delle pietre.

La collezione di Cabrera contava oltre 11.000 esemplari, la maggior parte dei quali fu raccolta in pochi anni. Va da sé che una tale quantità di oggetti risulta difficilmente spiegabile chiamando in causa unicamente i campesinos

2) I temi delle incisioni.

Le pietre di Ica sono note soprattutto per le loro raffigurazioni dei dinosauri. Ma gli argomenti delle incisioni sono moltissimi e spaziano dalla medicina all’astronomia, dalla geografia alla botanica. Com’è possibile che tutto ciò sia opera di pochi contadini? È vero che libri e fumetti avrebbero potuto offrire degli spunti, ma ciò non spiega come sia stato possibile, negli anni ’60, raffigurare con dovizia di particolari operazioni chirurgiche ancor oggi (nel 2021!) irrealizzabili, così come illustrare il ciclo vitale di alcuni dinosauri, peraltro in netto contrasto con le teorie scientifiche accreditate (ma di questo parleremo meglio nei prossimi articoli).

3) L’esistenza delle pietre in epoche passate.

Ebbene sì: sembra che queste pietre fossero note anche molto prima della loro scoperta ufficiale negli anni ’60. Lo stesso Cabrera, come riportato sopra, ricordava di aver visto una pietra simile da ragazzo, negli anni ‘30. Ma pare che le pietre fossero già note nel XVI secolo: alcuni esemplari, infatti, sarebbero stati inviati in Spagna nel 1562. Un documento del 1613, inoltre, riporta il ritrovamento, avvenuto verso la metà del XV secolo, di numerose pietre incise nella regione di Ica (vedi questo articolo per approfondimenti).

4) Il ritrovamento delle pietre in situ.

Infine, la “pistola fumante”. Nel 2002 due ricercatori spagnoli, Maria del Carmen Olazar Benguria e Felix Arenas Mariscal, hanno organizzato una spedizione nel deserto di Ocucaje, e sono riusciti a reperirvi proprio delle pietre incise! Alcune di esse, fra l’altro, recavano incisi proprio dei dinosauri… I risultati della loro ricerca (che approfondiremo tra poco) sono stati pubblicati in un libro.

A che epoca risalgono le pietre?

Appurato quindi che insieme alle pietre false se ne trovano altre autentiche, a quando potrebbero risalire queste ultime?

La risposta a questa domanda non è affatto facile. Esiste, è vero, il metodo del carbonio-14; tuttavia, questa tecnica è valida solo per i reperti organici e pertanto non può essere applicata alla roccia (cogliamo l’occasione per ricordare che gli altri metodi di datazione radiometrica sono decisamente poco affidabili…).

Come determinare, dunque, quando furono incise le pietre? Innanzitutto, non possiamo fare a meno di notare che il mondo gliptolitico presenta dei connotati estremamente arcaici. A quell’epoca il nostro pianeta era molto diverso da quello che conosciamo, così come la fauna che lo popolava e l’Umanità che lo abitava. Pertanto, a mio avviso, è assurdo pensare che le pietre di Ica risalgano a “12.000 anni fa” o giù di lì.

Lotta tra uomini e dinosauri in una pietra di Ica. Da qui.

D’altro canto, anche l’ipotesi di Cabrera, secondo cui l’Umanità gliptolitica sarebbe vissuta sulla Terra milioni di anni fa, è da scartare. Essa infatti parte dal presupposto che uomini e dinosauri abbiano vissuto in due epoche fra loro lontanissime: si tratta di un’ipotesi mai dimostrata e – alla luce delle scoperte scientifiche più recenti – ormai obsoleta.

Benguria e Mariscal, i due ricercatori citati poc’anzi, hanno tentato di chiarire la questione applicando la datazione a termoluminescenza a campioni dei sedimenti dov’erano state rinvenute le pietre. Un panno che avvolgeva una delle pietre è stato invece datato col metodo del carbonio-14. Ecco i risultati delle analisi:

  • Uno dei campioni aveva un’età di 99.240 anni, mentre l’altro di 61.196 anni, con un margine di errore di 5000/8000 anni;
  • Il tessuto che avvolgeva la pietra aveva un’età di 1350 anni, con un margine di errore di 44 anni (risalirebbe dunque al VII secolo).

Questi risultati confermano, a grandi linee, ciò che abbiamo ipotizzato sopra: le pietre sono opera di una civiltà estremamente antica, e i dinosauri sono assai più giovani di quanto ritenuto dai paleontologi. Nel prossimo articolo, comunque, approfondiremo ulteriormente questo argomento esaminando la geografia descritta nelle pietre.

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