Che Lingua Parlavano gli Abitanti di Atlantide?

La “mappa di Atlantide” riportata da Atanasius Kircher nel suo Mundus Subterraneus (1664).

Qual era la lingua degli abitanti di Atlantide? Anche Tony O’Connell, curatore del sito Atlantipedia, si è posto la stessa domanda, senza riuscire tuttavia a trovare una risposta certa. Può sembrare incredibile che, nonostante i fiumi d’inchiostro versati sulla mitica isola perduta, nessuno finora abbia saputo soddisfare questa semplice curiosità.

Eppure, se ci pensiamo bene, il motivo di questo insuccesso è facilmente comprensibile: per prima cosa, è difficile determinare quale fosse la lingua di Atlantide se prima non si determina la sua posizione precisa. In secondo luogo, alcuni studiosi hanno commesso l’errore di mitizzare Atlantide, identificandola con una civiltà quasi “aliena” al nostro pianeta, in ciò travisando il racconto platonico che è estremamente concreto e realistico.

Dato che noi abbiamo già identificato la posizione precisa di Atlantide e abbiamo individuato il filo conduttore tra gli Atlantidei (nonché gli “Ateniesi preistorici”) e le attuali popolazioni europee, dovremmo riuscire a capire anche quale lingua si parlava nell’isola scomparsa. Proviamoci, dunque.

Il primigenio mondo indoeuropeo

Facciamo innanzitutto un riepilogo delle nostre precedenti ricerche sull’argomento. Atlantide era stata da noi identificata con l’area sommersa intorno all’attuale isola di Rockall (poco più che uno scoglio), a nord-ovest dell’Irlanda. Per quanto riguarda l’Atene preistorica, avevamo seguito le ipotesi di Felice Vinci, secondo cui la città citata da Platone corrispondeva all’Atene omerica, situata nella Svezia meridionale.

Secondo la nostra ricostruzione, gli Atlantidei avevano conquistato tutta quanta l’attuale Europa nordoccidentale, compresa la vasta porzione di terra nota come Doggerland, che 12.000 anni fa occupava gran parte del Mar del Nord. Quando però sferrarono l’attacco agli Ateniesi, furono da essi sconfitti. Poco tempo dopo questi eventi, un cataclisma fece sprofondare Atlantide nell’oceano, cancellando nel contempo anche la civiltà “proto-ateniese” (forse spazzata via dallo tsunami provocato dall’inabissamento dell’isola?).

Ricostruzione di come appariva l’Europa nordoccidentale al tempo di Atlantide.

Come avevamo visto in un altro articolo, molti popoli indoeuropei (o comunque di razza caucasica) hanno nei loro miti dei riferimenti più o meno espliciti ad un’originaria patria artica: tuttavia, il soggiorno alle latitudini circumpolari avvenne sicuramente durante l’optimum climatico postglaciale, che cominciò solo intorno all’8000 a.C.; prima ancora, durante il Dryas Recente (10.800-9600 a.C.), furono l’Europa nordoccidentale e la Scandinavia meridionale, libere dai ghiacci, ad ospitare la civiltà.

Si trattava di una civiltà già definibile “indoeuropea” o perlomeno “proto-indoeuropea”? In teoria no, poiché ufficialmente gli Indoeuropei avrebbero fatto la loro comparsa solo alcuni millenni più tardi; tuttavia, alcuni studiosi non sono d’accordo con questa cronologia. Riaffronteremo l’argomento più avanti.

I nomi dei re di Atlantide

Cerchiamo ora di capire che lingua si parlava ad Atlantide. L’informazione più preziosa per la nostra indagine proviene dal Crizia, nel quale vengono elencati i nomi dei re di Atlantide. Apprestandosi a narrare la storia dell’isola, Platone (per bocca del protagonista del dialogo, Crizia appunto) fa la seguente premessa:

Debbo premettere una breve avvertenza, perché non vi sorprendiate sentendomi spesso usare nomi ellenici per i barbari. Eccone la causa. Solone, volendo usare questo racconto per la sua poesia, domandò quale fosse appunto il senso di questi nomi, e scoprì che gli Egiziani che per primi avevano scritto questa storia, li avevano tradotti nella propria lingua. Egli stesso poi, avendo ritrovato il significato di ciascun nome, li trascrisse una seconda volta nella nostra lingua.

Crizia, 113a

Dunque abbiamo già un primo indizio: gli abitanti di Atlantide non parlavano né il greco (perciò vengono definiti “barbari”) né l’egiziano. I sacerdoti egizi però tradussero i nomi dei personaggi dalla lingua atlantidea all’egiziano; in seguito Solone li tradusse dall’egiziano al greco, ed è questa la forma in cui ci sono pervenuti. Tuttavia, un nome è stato riportato anche nella sua forma originaria, e sarà proprio quello a permetterci di risolvere il mistero…

Il testo prosegue elencando i nomi dei dieci re di Atlantide: cinque coppie di gemelli generati dal dio Poseidone in una donna mortale. Il primo di essi fu Atlante, che diede il nome all’isola e al mare che la circondava (l’Oceano Atlantico). E il gemello?

Il suo fratello gemello, nato dopo di lui, ebbe in sorte la parte estrema dell’isola, dalla parte delle Colonne d’Ercole, presso quella regione che è oggi detta Gadirica: Eumelo fu egli detto in greco, ma Gadiro nella lingua del paese. E questo suo nome divenne poi quello del paese stesso.

Crizia, 114b

Ecco il nome che cercavamo: Gadiro (nel testo originale Gadeiros), il cui corrispettivo greco è Eumelo. Eumelo è composto dal prefisso eu-, che associato ad un nome sottintende il concetto di grandezza, abbondanza, prosperità; e da melon, che significa “pecora, capra”; per questo il suo significato viene interpretato come “ricco di pecore” (o capre: si trattava di un re pastore, insomma). Per conoscere la lingua di Atlantide, quindi, dovremo vedere in quale lingua il nome Gadiro può avere un significato simile a questo.

Qui spunta, però, una prima difficoltà. Infatti, come sappiamo, le lingue si evolvono nel tempo: se anche trovassimo una possibile corrispondenza in lingue parlate attualmente o nell’antichità, come facciamo a sapere se tali lingue esistevano in una forma simile anche 11.600 anni fa?

A questa domanda cercheremo di rispondere più avanti: come vedremo, infatti, una possibile soluzione potrebbe risiedere in una diversa cronologia dell’origine delle lingue moderne. In ogni caso, faremo riferimento sia alle forme moderne delle parole, sia alle forme antiche, attestate o ricostruite dai linguisti.

Analizziamo dunque il nome Gadeiros. Il suffisso -os è comune a molti nomi greci (tra cui lo stesso Eumelos), motivo per cui il nome originario potrebbe essere semplicemente Gadeir. Per quanto riguarda la prima parte (Gad-), troviamo subito un’affinità con i termini che nelle lingue germaniche indicano la capra: goat in inglese, gāt in inglese antico, gait in scozzese, *gaits in proto-germanico (l’asterisco indica che si tratta di una forma ricostruita, non attestata dalla scrittura). Termini simili con analogo significato si ritrovano nelle lingue celtiche: gavr in bretone, gaver in cornico, gabor in antico irlandese. Secondo alcune ipotesi, il termine in proto-celtico sarebbe stato *gabros, mentre secondo altre *gaid.

Per quanto riguarda invece la seconda parte del nome (-eir), anche qui riscontriamo un’affinità con le lingue germaniche: in inglese e scozzese heir significa infatti “erede”. Pare che questo termine (inclusi termini analoghi nelle lingue celtiche, come eigre in irlandese medio) discendano dal francese antico eir, a sua volta derivato dal latino heres. Dunque la seconda parte del nome Gadeir si ricollegherebbe al significato di “erede”: Gadiro sarebbe “colui che eredita/possiede le capre”, un significato analogo a quello del nome Eumelo.

Tutto ciò farebbe pensare che ad Atlantide si parlasse una lingua proto-germanica o proto-celtica (è probabile che all’epoca la differenza tra le due famiglie linguistiche fosse minore di quella attuale): ciò è coerente con la posizione dell’isola da noi ipotizzata, a nord-ovest dell’Irlanda (cioè la regione definita “Gadirica”).

Tale ricostruzione, però, presenta un paio di problemi: il primo, che avevamo già accennato, è il fatto che le lingue si evolvono, e nel X millennio a.C., secondo la cronologia ufficiale, non esisteva ancora una lingua indoeuropea (tantomeno proto-germanica o proto-celtica); il secondo è che, secondo una teoria tuttora controversa, le lingue germaniche e celtiche (in particolare queste ultime) avrebbero avuto come substrato un linguaggio semitico anticamente parlato in Europa. Cercheremo perciò di far luce su questi due aspetti prendendo in considerazione le informazioni forniteci dalla genetica.

Indizi dalla genetica

Esiste una relazione tra il DNA e la lingua parlata? Anche chi non ha mai fatto grandi studi in merito riconoscerà che una simile relazione sembra effettivamente esistere: popoli diversi parlano spesso lingue diverse o dialetti diversi di una stessa lingua. Questo particolare non è sfuggito ad alcuni genetisti (compreso il celebre Luigi Cavalli-Sforza), i quali hanno scoperto che le principali famiglie linguistiche corrispondono ai gruppi di popolazioni individuabili con la genetica.

Alla luce di questi dati, il linguista Mario Alinei ha sviluppato la cosiddetta teoria della continuità paleolitica, secondo la quale l’origine delle lingue europee (comprese ovviamente quelle indoeuropee) andrebbe retrodatata di molti millenni, fino al Paleolitico appunto. La diaspora indoeuropea, in questo modello, è rimpiazzata da una migrazione graduale dell’Homo sapiens in Europa, chiaramente molto antecedente all’epoca storica.

È vero che molti dati (non solo linguistici, ma anche mitologici) supportano la teoria “tradizionale” dell’invasione indoeuropea; è pur vero, tuttavia, che l’origine delle principali famiglie linguistiche indoeuropee è difficilmente collocabile nel tempo, data la mancanza di documenti scritti prima di una certa epoca; ciò non permette di escludere con certezza che alcune lingue fossero già “differenziate” (seppur diverse da adesso) all’epoca di Atlantide.

Tornando alla genetica, avevamo già visto qui come la diffusione dell’aplogruppo R1b sembrasse irradiarsi a partire dall’Europa nordoccidentale; anzi, proprio da Rockall! Avevamo quindi ipotizzato che gli abitanti dell’isola fossero quasi tutti portatori di questo aplogruppo, spesso associato ai capelli rossi (probabilmente la maggior parte era di gruppo sanguigno 0, tuttora il più diffuso nella vicina Irlanda). La diffusione dell’aplogruppo R1b è associata a quella delle lingue italo-celtiche (indoeuropee); tuttavia i Baschi, che hanno un’elevata percentuale di R1b nella loro popolazione, parlano una lingua non indoeuropea: ciò significa che la presenza di R1b in elevate percentuali non ci dà la certezza che il popolo di Atlantide parlasse una lingua indoeuropea.

Diffusione dell’aplogruppo R1b in Europa. Da qui.

Veniamo ora all’ipotesi dell’influenza semitica. Come avevamo accennato, le lingue celtiche presentano delle singolari affinità con quelle semitiche, tanto da far ipotizzare al linguista tedesco Theo Vennemann che queste ultime abbiano funto da substrato per le prime. Ebbene, tra i vocaboli che sembrano un prestito dalle lingue semitiche a quelle celtiche (nonché germaniche) c’è proprio il termine “capra” (gd in fenicio, gadû in accadico, gady in arabo)!

Alla luce di ciò, il significato di Gadiro potrebbe anche essere ricondotto al fenicio Gd-addir (poi diventato Gaddir per aplologia), cioè “capra potente”. Si tratta di un appellativo che a noi può apparire ridicolo; ricordiamo però che la capra era un animale molto importante per le antiche civiltà del Vicino Oriente (era fra l’altro uno dei simboli del dio sumero Enki).

Ma esiste qualche legame genetico tra i popoli celtici e quelli mediorientali? La maggior parte degli studiosi sostiene che la colonizzazione dell’Europa avvenne a partire dall’Asia, prima da parte degli agricoltori neolitici e poi degli Indoeuropei. Questo studio asserisce che fu durante l’età del bronzo (inizio del II millennio a.C.) che gli Indoeuropei portarono in Irlanda l’aplogruppo R1b e mutazioni genetiche tuttora tipiche della popolazione irlandese; il genoma di una donna vissuta in epoca neolitica (circa mille anni prima), rivelava invece un’origine mediorientale!

Questo sembrerebbe chiudere il cerchio: se gli antichi abitanti delle isole britanniche (e, dunque, della vicina Atlantide) erano semiti, anche la lingua di Atlantide apparteneva alla famiglia semitica. Difficile dire di quale lingua si trattasse (proto-fenicio, proto-berbero, eccetera): in ogni caso era senz’altro conosciuta dagli Egizi, che infatti riuscirono a tradurre i nomi dei re di Atlantide nella propria lingua. In seguito la “lingua di Atlantide” avrebbe influenzato quella dei colonizzatori indoeuropei delle isole britanniche, portando alla formazione delle moderne lingue celtiche.

Il mistero della lingua di Atlantide sembrerebbe dunque risolto. Come abbiamo visto, tuttavia, ci sono ancora degli aspetti poco chiari: l’aplogruppo R1b, che sembra essersi diffuso da ovest ad est, era già presente in Europa (Rockall compresa) durante il Dryas Recente, come vorrebbe la teoria della continuità paleolitica? Oppure giunse nelle isole britanniche diversi millenni più tardi, portato dagli invasori Indoeuropei? Forse la chiave dell’enigma è nell’origine divina dei re di Atlantide, che potrebbe alludere a una diversa stirpe: un popolo indoeuropeo che colonizzò un’isola abitata da genti semitiche? La questione, per il momento, rimane aperta: ho voluto però presentare diversi punti di vista in modo che il lettore possa farsi una sua idea sull’argomento.

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