I Figli di Anak

Davide e Golia in un’illustrazione di Hanns Lautensack (1551). Da qui.

Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo notata è gente di alta statura; vi abbiamo visto i giganti, figli di Anak, della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro.

Numeri, 13, 32-33

Così gli esploratori israeliti inviati da Mosè descrivono la terra di Canaan: stando alle loro parole, si trattava di un paese abitato da genti di alta statura, tra cui spiccavano i “figli di Anak”, presentati come dei veri e propri “giganti” (nephilim). Nonostante il linguaggio sia chiaramente iperbolico, è probabile che il racconto abbia un fondo di verità. In questa sede, tuttavia, non ci interessa indagare sulla statura di questi misteriosi personaggi, ma sul loro appellativo. Chi era davvero questo Anak? La questione, come vedremo, riserva molte sorprese, e potrebbe aiutarci a chiarire diversi quesiti ancora irrisolti sulla storicità delle vicende bibliche.

Anak: nome o titolo?

Il nome di Anak e dei suoi discendenti, gli Anakiti, compare in tutto 18 volte nella Bibbia. Il padre di Anak sarebbe stato un certo Arba, “l’uomo più grande tra gli Anakiti” (Gs 14, 14): da lui avrebbe preso nome la città di Kiriat-Arba, poi ribattezzata Ebron. La Bibbia riporta anche i nomi dei tre figli di Anak: Achiman, Sesai e Talmai.

E fin qui, apparentemente, nulla di strano: d’altronde, l’Antico Testamento è pieno zeppo di nomi. Tuttavia, il nome di Anak non è riconducibile alle lingue semitiche, bensì a quelle indoeuropee: in greco antico, infatti, anax (o wanax) significa “re, comandante”. Questa etimologia, proposta per la prima volta da MacLaurin (1965), sembra la più ragionevole ed ha incontrato il favore anche di altri studiosi. Ma ciò significa che Anak non era un nome proprio, bensì un attributo: i “figli di Anak” non sarebbero altro che i “figli del re”.

Per quanto riguarda Achiman, Sesai e Talmai, nemmeno gli ultimi due nomi vengono ricondotti al semitico, bensì all’hurritico. MacLaurin nota anche un’assonanza tra Talmai e Telemaco, e suggerisce che Achiman (da altri ritenuto semitico) “potrebbe avere qualcosa a che fare con gli Achei”. Per inciso, esistono somiglianze tra miti greci e hurriti, come quello della separazione del Cielo e della Terra e della battaglia tra dèi e Giganti.

Dunque tra i popoli con cui gli Israeliti fuoriusciti dall’Egitto si incontrarono (e scontrarono) potrebbero esservi stati anche gli Achei/Micenei. I quali, come vedremo fra un attimo, potrebbero essere legati a doppio filo ai famigerati Filistei.

Anakiti e Filistei

Secondo la Bibbia, le ultime roccaforti degli Anakiti furono Gaza, Gat e Asdod (Gs 11, 22). Come notò il già citato MacLaurin, queste località hanno in comune una caratteristica: sono tutte città filistee. Ciò suggerisce che il termine anax facesse parte del vocabolario filisteo, e che quindi i Filistei, i nemici per eccellenza d’Israele, parlassero il greco.

Quello della lingua filistea è ancora oggi un argomento di discussione; è comunque opinione condivisa tra gli studiosi che i Filistei fossero una popolazione indoeuropea. Ma che relazione esisteva fra loro e i Micenei? Ebbene, diversi indizi (oltre al vocabolo anax appena incontrato) suggeriscono che essi avessero una comune origine.

Restando nell’ambito della lingua, esistono diversi vocaboli e nomi propri filistei riconducibili al greco antico. Uno dei più noti è seren, che indicava il capo politico-militare di una città, accostabile al tyrannos greco, che svolgeva un ruolo analogo. Da notare inoltre che, così come i Micenei, anche i Filistei erano organizzati in città-stato. I nomi di queste ultime, eccetto Gaza, sembrano avere un’origine semitica; tuttavia, nel toponimo Ekron sembra di rivedere il termine greco akron, che può significare “picco di montagna” ma anche “capo, promontorio”, dunque adatto a denominare una città situata in uno di questi luoghi.

Tra i nomi di persona filistei, Golia è senza dubbio il più famoso. Sebbene la sua origine precisa sia dibattuta, è abbastanza sicuro che si trattasse di un nome indoeuropeo; è stata evidenziata ad esempio la somiglianza col nome lidio Alyattes. Un nome riconducibile con maggior certezza al greco è quello di Achis, re di Gat, che significa “acheo” (altri lo hanno accostato invece al nome del troiano Anchise). D’altronde, come scrive Bonfante (1946), “I costumi dei Filistei (non erano circoncisi), il loro aspetto fisico, la cremazione dei defunti, i loro carri, le loro armi, le loro migrazioni sui carri con le mogli e i bambini, le loro vanagloriose sfide a singolar tenzone, ci ricordano le genti indoeuropee, e in particolare gli eroi omerici”.

Battaglia tra Israeliti e Filistei, in una miniatura tratta dalla Bibbia di Norimberga (1483).

Una visione d’insieme

Ricapitolando, Anak e gli Anakiti sono identificabili con i re delle popolazioni indoeuropee che abitavano la terra promessa, in particolare i Filistei. I quali, a loro volta, sono accostabili agli Achei omerici, i fondatori della civiltà micenea. Ci resta, tuttavia, da rispondere ad un interrogativo niente affatto banale: in quale luogo gli Israeliti si incontrarono con loro?

Come i lettori di questo blog già sapranno, numerose prove supportano l’ipotesi che gli Achei discesero in Grecia dal Baltico, verso il XVII secolo a.C. Ciò suggerisce che anche i Filistei, il cui arrivo nel Mediterraneo è datato intorno al 1200 a.C., provenissero dagli stessi luoghi. Questa ipotesi è stata proposta di recente da Cinzia Mele, delle cui ricerche ci eravamo già occupati in questo articolo. Secondo la sua ricostruzione, i Filistei sarebbero giunti nel Mediterraneo proprio perché cacciati dagli Israeliti, collocabili anch’essi (insieme alla loro “terra promessa”) nei Paesi baltici. Ciò spiegherebbe come mai, secondo la Bibbia, i Filistei si trovavano già in Canaan all’epoca di Abramo, molti secoli prima del loro arrivo in quei luoghi: si tratta di un anacronismo, oppure quella “Canaan” era il luogo abitato dai Filistei prima della loro discesa nel Mediterraneo?

Come esposto da Cinzia Mele, nei territori baltici si trova una quantità prodigiosa di toponimi che richiamano quelli biblici: tra essi vi sono le varie Kanaanmaa (“Terra di Canaan”) finlandesi, disseminate in particolare nella zona dove Felice Vinci colloca la Troade omerica. Che fosse questa la Canaan conquistata da Giosuè, dove Davide uccise il gigante Golia? Qui troviamo toponimi come Askala e Hästö, che ricordano le città filistee di Ascalona e Asdod. Per non parlare del fatto che le popolazioni di quelle zone sono ancor oggi caratterizzate da una statura media piuttosto elevata, il che potrebbe spiegare l’appellativo di “giganti” dato agli Anakiti.

Secondo la Mele, i Filistei (nel cui etnonimo lei ravvisa quello degli Esti) non parlavano il greco, bensì una lingua germanica. Si tratta di uno scenario non incompatibile con quello ipotizzato qui: è probabile, infatti, che nel corso del II millennio a.C. la lingua originariamente parlata sulle coste baltiche (ovvero il greco antico) venne progressivamente sostituita da quelle germaniche, portando quindi i Filistei ad un certo grado di bilinguismo.

Tali elementi rendono quindi tutt’altro che improbabile un’ambientazione nordica delle vicende bibliche. Esiste, nondimeno, un elemento molto difficile da conciliare con questa ricostruzione: l’assenza (forse non totale, ma ci ritorneremo fra un attimo) delle lingue semitiche in Nord Europa. Sebbene Cinzia Mele mostri come diversi nomi di luoghi e personaggi biblici possano essere ricondotti alle lingue nordiche (germaniche o ugrofinniche), manca ancora uno studio approfondito sulla questione. Come abbiamo visto, la presenza di prestiti greci (o più in generale indoeuropei) nell’ebraico è ormai accettata: quel che farebbe la differenza è scoprire che la gran parte dei nomi biblici ha in realtà un’origine indoeuropea. Ciò dimostrerebbe, infatti, che gli Israeliti vissero a stretto contatto con gli Indoeuropei, o che addirittura essi stessi erano un popolo indoeuropeo. L’assenza delle lingue semitiche in Nord Europa, a questo punto, non sarebbe più in contraddizione con l’ipotesi nordica.

Abbiamo detto, tuttavia, che tali lingue potrebbero non essere state totalmente assenti in Nord Europa. Secondo il linguista tedesco Theo Vennemann, infatti, furono proprio gli idiomi semitici a fungere da substrato per le lingue celtiche e da superstrato per quelle germaniche. Nell’Europa nordoccidentale, infatti, queste lingue erano parlate prima dell’arrivo dei Celti (indoeuropei), e funsero pertanto da substrato; solo in seguito (forse grazie alla colonizzazione fenicia) si diffusero anche più a est, fungendo da superstrato per le lingue germaniche che già avevano incominciato a svilupparsi.

Non è questa la sede per esporre e discutere nel dettaglio le teorie di Vennemann; tuttavia, le sue argomentazioni sembrano convincenti, e potrebbero lasciare aperto uno spiraglio all’ipotesi nordica anche qualora fosse confermato che toponimi e antroponimi biblici sono effettivamente di origine semitica. Ma a mio avviso, se davvero gli eventi veterotestamentari si svolsero al nord, è probabile che l’etimologia dei nomi vada ricercata soprattutto in altre lingue. Lingue di cui non era mai stata esplorata a fondo la relazione con gli idiomi mediorientali proprio perché una tale relazione era creduta impossibile. Ma come abbiamo appurato, a volte la realtà sembra superare di gran lunga l’immaginazione.

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