Uomini e Dinosauri

La scienza colloca uomini e dinosauri in due epoche fra loro lontanissime. Eppure, diversi elementi portano a riconsiderare la possibilità che essi in realtà abbiano convissuto…

65 milioni di anni. Questo l’arco temporale che, secondo la scienza, separa la nostra epoca da quella dei dinosauri. Fu proprio 65 milioni di anni fa, infatti, che un asteroide si schiantò nell’odierno Yucatan, causando l’estinzione dei grandi rettili mesozoici. Questa, almeno, è la versione dei fatti fornita dai paleontologi, ormai data per scontata pressoché da chiunque. Nessuno si chiede quali elementi supportino una simile ricostruzione e quali, eventualmente, la smentiscano. Eppure questi ultimi non sono affatto pochi: in questo blog abbiamo già affrontato l’argomento, ma torneremo sulla questione per proporre una versione alternativa, comprensiva di tutti quei fatti solitamente definiti “inspiegabili” o bollati come falsi.

Quanto sono antichi i dinosauri?

Secondo la cronologia attualmente accreditata, i dinosauri scomparvero dalla faccia della Terra 65 milioni di anni fa, dopo un dominio incontrastato di circa 165 milioni di anni. Ma da dove saltano fuori queste date? Come già esposto altrove, la risposta è più banale di quanto non si creda: sono state stabilite a tavolino. I metodi radiometrici forniscono spesso risultati contraddittori e sono pertanto inaffidabili per ottenere una datazione precisa dei fossili. La scala cronologica attualmente in vigore, realizzata selezionando arbitrariamente solo alcuni dei valori ricavati con questi metodi, è quindi totalmente inattendibile.

Dunque quanto sono antichi i dinosauri? Diversi elementi (che esporremo qui di seguito) lasciano supporre che siano molto più recenti di quanto asserito dalla paleontologia. Per l’uomo invece vale l’opposto: molte costruzioni megalitiche, infatti, potrebbero essere assai più antiche di quanto comunemente ritenuto (anche più di 400.000 anni); per non parlare dei numerosi accenni, nei miti e nelle opere di scrittori antichi, ad epoche remotissime. Comprimendo la scala geologica-paleontologica e dilatando quella storica-archeologica, un’eventuale convivenza tra uomini e dinosauri non appare più così improbabile…

Ritrovamenti “impossibili”

I ritrovamenti che più di tutti supportano l’idea di una recenziorità dei dinosauri sono senza dubbio quelli dei loro tessuti molli. Come afferma la paleobiologa Jasmina Wiemann, “secondo le leggi della chimica e della fisica, la preservazione di proteine di dinosauro è completamente paradossale… Nel giro di poche centinaia di migliaia o al massimo un milione di anni [mia enfasi], tutte le proteine nelle strutture dei tessuti molli dovrebbero essere idrolizzate e degradate completamente”. Com’è possibile quindi ritrovare vasi sanguigni di tirannosauro ancora perfettamente conservati, con tanto di globuli rossi ben riconoscibili (scoperta, peraltro, non unica nel suo genere)? Tenendo presente il principio del “rasoio di Occam”, la spiegazione più logica è proprio questa: i dinosauri sono molto più vicini a noi di quanto credessimo.

(A) Capillare sanguigno in un osso di tirannosauro, contenente alcuni globuli rossi. (B-C) Osteociti di brachilofosauro isolati. Da Schweitzer et al. (2007).

Raffigurazioni di rettili preistorici

La convivenza tra uomini e dinosauri sembra aver lasciato tracce anche in alcune antiche opere d’arte. Questo è un tema molto caro ai creazionisti, che tuttavia tendono a vedere dinosauri un po’ dappertutto, anche in creature palesemente frutto dell’immaginazione degli artisti. Esistono, comunque, raffigurazioni tutt’altro che ambigue: tra esse, un posto d’onore è occupato senza dubbio dalle incisioni sulle pietre di Ica.

Di queste pietre, scoperte in Perù negli anni ’60, avevamo già parlato: sebbene tra esse vi siano senza dubbio dei falsi, moltissime altre sono certamente autentiche. Tra i soggetti delle incisioni spiccano i dinosauri, le cui rappresentazioni sono talvolta in aperta contraddizione con le teorie scientifiche dominanti. Per esempio, alcuni sauropodi appaiono come mammiferi vivipari, laddove la totalità dei paleontologi li ha sempre ritenuti (come tutti i dinosauri) rettili ovipari. Ciò indica che gli autori delle incisioni ebbero modo di osservare dal vivo questi animali.

In questa pietra è rappresentato un dinosauro sauropode provvisto di mammelle mentre partorisce un piccolo, proprio come un mammifero. Da qui.

Ma a che epoca risalgono le pietre? La datazione a termoluminescenza, eseguita su due pietre rinvenute durante un’apposita spedizione nel deserto di Ocucaje (dunque certamente autentiche) ha fornito un’età di circa 100.000 anni per una pietra e 60.000 per l’altra. Ma è probabile, come discusso in questo articolo, che la loro realizzazione vada notevolmente retrodatata, forse fino a 1 milione di anni fa. Siamo in ogni caso ben lontani dai “65 milioni di anni” della cronologia ufficiale…

Le pietre di Ica sono certamente la più antica testimonianza di una convivenza tra uomini e dinosauri, ma – apparentemente – esistono testimonianze anche molto più recenti. Specifico “apparentemente” poiché, sebbene alcuni siti creazionisti ne riportino un gran numero, a mio avviso sono veramente pochissime quelle degne di considerazione. Tra queste, una delle più interessanti è senza dubbio quella del cosiddetto “Mosaico del Nilo”, di epoca romana (II o I secolo a.C.).

Il mosaico raffigura le regioni dell’Alto e del Basso Egitto, inclusi vari animali tipici di quei luoghi. Tra essi però compare una strana creatura, indicata come krokodilopardalis (termine che potremmo tradurre come “coccodrillopardo”). Di quale animale potrebbe trattarsi? Alcuni lo hanno identificato con una lontra o con un varano; tuttavia, le sue caratteristiche ricordano piuttosto quelle dei terapsidi, rettili considerati perfino più antichi dei dinosauri, dai quali sarebbero discesi i mammiferi. Il suo stesso nome sembrerebbe alludere proprio ad una commistione tra due nature, rettiliana e mammifera.

A sinistra, particolare del Mosaico del Nilo che mostra il misterioso “coccodrillopardo”. A destra, ricostruzione del dinogorgon, un terapside.

Sempre all’epoca romana risale una pittura murale, ritrovata a Pompei, raffigurante una scena di caccia a due strani rettili. Anche qui, la rappresentazione di un animale ben conosciuto (l’ippopotamo) insieme alle due creature rende poco probabile che queste ultime possano essere animali di fantasia. Al contrario, è facile riconoscervi due sfenacodonti, dei sinapsidi tradizionalmente collocati nel periodo Permiano (285-250 milioni di anni fa).

In alto a sinistra, pittura murale romana raffigurante la caccia a due rettili sconosciuti (evidenziati dai riquadri), il cui aspetto ricorda quello degli sfenacodonti (in basso a destra, una loro ricostruzione). Le immagini del dipinto sono tratte da qui.

L’esistenza di rappresentazioni anche relativamente recenti suscita un interrogativo: è possibile che alcuni animali “preistorici” siano sopravvissuti fino a pochi secoli o millenni orsono? Ma potremmo anche spingerci oltre e chiederci se alcuni esemplari siano ancora oggi in vita. Il famigerato “mostro di Loch Ness” non è un caso isolato: come vedremo fra un attimo, infatti, esistono molte altre testimonianze di avvistamenti analoghi. Sebbene la cautela sia d’obbligo, tali testimonianze meritano sicuramente attenzione, anche perché il loro numero non è affatto esiguo.

Avvistamenti moderni

Sui presunti avvistamenti di creature mesozoiche (in particolare di pterosauri) esiste una letteratura sorprendentemente ampia. Qui riporteremo solo alcune testimonianze, scelte tra quelle più significative e – a mio avviso – più attendibili.

Plesiosauro, Perù. L’11 gennaio del 1911 il New York Herald riportò il resoconto dell’avvistamento di un “mostro preistorico” avvenuto nel 1907 in una zona paludosa del Perù. Secondo i due testimoni, il viaggiatore Franz Herrmann Schmidt e il capitano Rudolph Pfleng, la creatura era lunga oltre 11 metri; aveva la testa simile a quella di un tapiro, “grande come un barilotto di birra”, il collo serpentino e delle pinne provviste di artigli, caratteristica quest’ultima che la avvicinerebbe a un plesiosauro. Le loro pallottole non avevano avuto alcun effetto sull’animale.

Camptosauro, Brasile. Nel libro Rio Amazonas, pubblicato nel 1966, il naturalista svedese Rolf Blomberg riportò – pur mostrandosi alquanto scettico – la testimonianza di un vecchio indio brasiliano, Alvaro Mesquita, che affermava di essersi imbattuto tempo prima in un animale simile ad un camptosauro. L’incontro era avvenuto di notte, in una palude tra il Rio Purus e il Rio Juruá, due tributari del Rio delle Amazzoni. Mesquita descrisse l’animale come più grande di una mucca, bipede, con la pelle verde e gli occhi rossi. Quando sparò (mancando il colpo), la creatura fuggì in acqua e scomparve.

Pterosauri, Cuba. Nel 1971 il militare statunitense Eskin Kuhn, di servizio a Cuba, avvistò nella baia di Guantanamo due pterodattili in volo, di cui eseguì anche un disegno. Questo un estratto del suo racconto (tratto da qui): “Era una bella giornata estiva, limpida, calda… Stavo guardando in direzione dell’oceano… Ho visto due pterosauri… Volavano insieme a bassa quota, forse 30 metri, molto vicino a dove mi trovavo, cosicché ho potuto avere una visuale perfettamente chiara di essi… Il ritmo delle loro grandi ali era molto aggraziato, lento… La struttura e la trama delle ali sembravano essere molto simili a quelle dei pipistrelli”. Curiosamente, pochi anni prima (nel 1965), la stessa zona era stata oggetto di un altro avvistamento analogo: anche in questo caso la testimone, Patty Carson, ha realizzato un disegno della creatura, molto simile agli pterosauri avvistati da Kuhn.

Disegni di Eskin Kuhn (a sinistra) e di Patty Carson (a destra) che mostrano gli pterosauri da loro avvistati a Cuba. Disegno a sinistra da qui; disegno a destra da qui.

Therizinosauro, Papua Nuova Guinea. A partire dagli anni ’90, in Papua Nuova Guinea si sono verificati diversi avvistamenti di una creatura identificabile forse con un therizinosauro. Secondo le descrizioni dei testimoni, l’animale sarebbe lungo 10-15 metri e ricorderebbe nell’aspetto un enorme canguro, con la pelle marrone e una lunga coda. La sua testa sarebbe simile a quella di una tartaruga; avrebbe inoltre abitudini anfibie e si nutrirebbe di piante. Da notare che, poiché non sono mai stati rinvenuti crani fossili di therizinosauro, forma della testa e dieta di questo dinosauro erano entrambi ignoti ai paleontologi.

Altri avvistamenti interessanti:

  • Nel 1906 alcuni cercatori d’oro lungo il fiume Aikora, in Papua Nuova Guinea, affermarono di aver incontrato dei rettili ricoperti di peli. Ciò è significativo se consideriamo che alcuni dinosauri (per esempio il laellynasauro, che viveva nella vicina Australia) erano verosimilmente rivestiti da una corta peluria.
  • Nel 1952 Adrian Conan Doyle, figlio del celebre Arthur, riportò nel libro Heaven Has Claws il racconto di un cacciatore africano che, presso il confine Etiopia e Sudan, si era imbattuto in un grosso rettile, lungo circa 3 metri e provvisto di cresta dorsale. L’animale aveva la pelle di colore grigio e zampe con tre dita, munite di artigli.
  • L’esploratore Arnošt Vašíček fece menzione di un avvistamento, avvenuto nei primi anni ’90 in Amazzonia, di un branco di dinosauri bipedi. Questi erano simili agli allosauri, ma molto più piccoli (un fatto coerente col “ridimensionamento” di molte forme di vita nel corso delle ere) e molto aggressivi.

Non possiamo non accennare, infine, alle varie creature semileggendarie, simili a dinosauri o altri animali preistorici, presenti nel folklore dei vari popoli del mondo. Un elenco completo sarebbe troppo lungo, per cui ci limiteremo ad un piccolo campionario dei più noti.

Alcuni dei più famosi “dinosauri viventi”. Le informazioni sono tratte dal libro Mysterious Creatures – A Guide to Cryptozoology di George M. Eberhart.

Una ricostruzione alternativa

Siamo pronti, a questo punto, per tentare una ricostruzione della preistoria che tenga conto del materiale che abbiamo raccolto. Ormai dovrebbe essere chiaro che in epoche remote uomini e dinosauri coesistevano: le pietre di Ica sono lì a dimostrarcelo. Individuare questo periodo con precisione non è semplice, ma tenendo conto delle datazioni delle pietre (nonché dei ritrovamenti di tessuti molli di dinosauro) possiamo ragionevolmente collocarlo entro alcune centinaia di migliaia di anni fa, 1 milione al massimo. Ciò significa che la “grande estinzione” dev’essere avvenuta anch’essa in tempi relativamente recenti…

E qui ci riallacciamo al secondo argomento: è possibile che alcuni rettili mesozoici siano sopravvissuti fino all’inizio dell’epoca storica, o addirittura fino ad oggi? A mio parere, su questo è necessario essere molto più cauti. Sebbene infatti una simile eventualità sia teoricamente possibile, esistono diversi elementi che rendono quantomeno azzardato definirla una possibilità concreta:

  • Ormai tutto quanto il pianeta è stato esplorato, mappato e fotografato da satellite: i luoghi dove gli eventuali dinosauri superstiti potrebbero nascondersi sono pochissimi.
  • Tali rifugi, inoltre, dovrebbero essere sufficientemente ampi da ospitare una popolazione di dinosauri, indispensabile per la propagazione della specie. Non è credibile che singoli esemplari sopravvivano completamente isolati da decenni (figuriamoci da secoli o millenni): dove c’è un dinosauro, dovrebbero essercene altri nei paraggi.
  • Poiché la sopravvivenza di una specie è basata appunto sull’esistenza di una popolazione, le probabilità che essa rimanga completamente nascosta si riducono ulteriormente. Orme, scheletri, carcasse… Prima o poi le tracce dei dinosauri superstiti dovrebbero saltar fuori in quantità, non certo in casi isolati. Specialmente un predatore di grossa taglia riuscirebbe ben presto ad affermarsi in un territorio privo di nemici naturali.
  • I dinosauri più grandi non potrebbero sopravvivere in un pianeta con la gravità attuale, poiché collasserebbero sotto il proprio peso; allo stesso modo, i più grossi pterosauri non sarebbero in grado di alzarsi dal suolo. Pertanto, è praticamente impossibile che queste creature siano ancora fra noi (ovviamente tali considerazioni non valgono per le creature più piccole e per quelle acquatiche).

Eppure, gli avvistamenti di creature preistoriche sono troppo numerosi per essere tutti derubricati a sviste o truffe: la spiegazione dev’essere un’altra. A mio avviso, esistono tre possibilità:

  1. La prima spiegazione è che gli animali avvistati erano effettivamente gli ultimi superstiti di specie diffuse sulla Terra in epoche preistoriche. Sebbene, come abbiamo visto, si tratti di un’eventualità abbastanza improbabile, non possiamo escluderla del tutto: d’altronde il celacanto, un pesce ritenuto estinto dal Cretaceo, nel 1938 fu pescato vivo e vegeto nelle acque del Sudafrica. Forse creature come il “coccodrillopardo” non hanno potuto condividere il suo destino “per un pelo”, in quanto estintesi pochi secoli o millenni prima.
  2. Una seconda spiegazione, decisamente più “esotica”, è che i testimoni abbiano assistito involontariamente (e senza rendersene conto) ad una visione di scene passate. Nella terminologia parapsicologica, la visione di fatti accaduti nel passato è chiamata retrocognizione o – se riferita a un oggetto particolare – psicometria. Forse, per ragioni ancora sconosciute, certi luoghi conserverebbero in maggior misura di altri “l’eco” degli avvenimenti passati, che in opportune condizioni alcuni individui potrebbero “captare”.
  3. Un’altra spiegazione “esotica” è che i dinosauri (ma lo stesso potrebbe valere per altre creature note alla criptozoologia) provengano da dimensioni parallele (ivi incluse le epoche passate). Il luogo dove sono stati osservati potrebbe costituire un “portale dimensionale” a tutti gli effetti, oppure trovarsi in prossimità di esso. I vari mostri lacustri avvistati nel mondo, per esempio, potrebbero entrare nella nostra dimensione/epoca proprio attraverso il lago, e poi tornarsene nella loro: ciò spiegherebbe come mai le loro tracce non siano mai state rinvenute.

Naturalmente, le possibilità che abbiamo elencato non sono fra loro incompatibili. Se la prima ipotesi potrebbe spiegare le rappresentazioni romane di rettili sconosciuti, le restanti potrebbero finalmente chiarire perché ai numerosi avvistamenti di dinosauri e creature affini non si accompagnino mai prove concrete. Di certo il nostro pianeta riserva ancora molti misteri, che sarà impossibile risolvere senza prendere in considerazione anche le ipotesi apparentemente assurde.

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