L’Esperimento Uomo

La creazione dell’uomo secondo il Popol Vuh, in un’illustrazione di Diego Rivera. Da qui.

Nel precedente articolo avevamo affrontato l’argomento delle origini dell’uomo prendendo in considerazione le rivelazioni ricevute dal sacerdote bellunese Guido Bortoluzzi. Secondo tali rivelazioni, l’Uomo creato all’origine era completamente privo di difetti fisici, mentali e spirituali: in una parola, perfetto. Noi uomini di oggi non siamo “quell’Uomo”, bensì una specie ibrida, nata dall’unione del Primo Uomo con una femmina di una specie “preumana”: il cosiddetto “peccato originale” altro non sarebbe che questa ibridazione, di cui tutti noi portiamo ancora le conseguenze a livello materiale/genetico, mentale e spirituale.

Ma senza dubbio il peccato originale non fu l’unica ibridazione a cui la “razza umana” andò incontro: la stessa Genesi (6, 1-4) ricorda quella dei “figli di Dio” con le “figlie degli uomini”. D’altronde, un tema ricorrente nella mitologia è l’unione di un dio (o di una dea) con una donna (o un uomo) mortale. Ma talvolta, anziché un’unione, il mito sembra descrivere una vera e propria manipolazione, operata dagli dèi sugli esseri umani.

Ma chi erano veramente questi “dèi”? E davvero noi uomini di oggi saremmo una loro creazione/manipolazione? Sull’argomento si è scritto tantissimo, forse troppo, con l’unico risultato di generare ancora più confusione di quanta non ce fosse già. Vediamo dunque di fare, finalmente, un po’ di chiarezza.

La vera identità degli “dèi”

Dunque, chi erano davvero quegli individui che gli antichi definivano “dèi”? Prima di rispondere, dobbiamo fare un’importante precisazione: l’interpretazione delle divinità in chiave evemeristica (secondo cui gli dèi altro non sarebbero che personaggi importanti in seguito divinizzati) non è, ovviamente, l’unica possibile. Molte divinità, infatti, sono chiaramente rappresentazioni degli astri (il Sole, la Luna, i pianeti…), degli elementi naturali (il fuoco, l’aria, l’acqua…), e così via. Tuttavia, le due interpretazioni non sono mutuamente esclusive: Diodoro Siculo, parlando degli dèi egizi (Biblioteca Storica, I, 11 sgg.), distingue ad esempio l’Osiride “celeste”, simbolo del Sole, dall’Osiride “terrestre”, che regnò sull’Egitto in tempi remoti svolgendo un’importante funzione civilizzatrice.

Se quindi – come appare dal realismo di certi miti – vi furono dèi in carne e ossa, chi erano veramente? Erano forse umanoidi provenienti da altri pianeti, come suggerito in passato da Erich von Däniken, Zecharia Sitchin e altri?

Dovrebbe apparire evidente a chiunque che l’ipotesi extraterrestre, secondo cui furono appunto questi alieni umanoidi, giunti dallo spazio, a creare la razza umana, non risolve affatto il problema delle origini dell’uomo, ma lo sposta solamente da qualche altra parte nell’Universo. I suoi sostenitori si ostinano a ripetere che è impossibile spiegare l’origine dell’Homo sapiens chiamando in causa la sola “evoluzione”: ciò è senz’altro vero, ma non si capisce per quale motivo ciò che non è stato possibile qui dovrebbe esserlo stato su un altro pianeta, dato che anche gli dèi avevano un aspetto umano.

Sigillo risalente al 2300 a.C. su cui sono raffigurate alcune divinità del pantheon sumero.

A mio avviso, le rivelazioni ricevute da don Guido Bortoluzzi potrebbero aiutarci a risolvere l’enigma una volta per tutte. Infatti, gli dèi potrebbero identificarsi nei discendenti puri di Adamo, i “Figli di Dio”. Adamo era geneticamente, intellettivamente e spiritualmente perfetto, “superiore ad ogni creatura vivente” (Sir 49, 16): certamente, gli uomini ibridi ormai dimentichi delle loro origini non avrebbero avuto difficoltà a considerare lui e i suoi discendenti puri delle vere e proprie divinità. Non possiamo però escludere che alcuni dèi fossero “figli degli uomini” ri-evolutisi fino a raggiungere un elevato sviluppo tecnologico e una maggiore somiglianza al fenotipo umano originario. Nell’uno e nell’altro caso, i grandi progressi scientifici avrebbero senz’altro permesso a questi uomini di compiere viaggi spaziali, da cui la loro spiccata connotazione “celeste”.

Ma se gli “dèi” erano loro stessi uomini, come avrebbero fatto a “creare l’uomo”? Come vedremo tra poco, ciò che avvenne fu, più che una creazione, una manipolazione di creature (anch’esse umane) già esistenti. Probabilmente, i soggetti da “ritoccare” furono scelti tra le frange meno ri-evolute (fisicamente o scientificamente) dei figli degli uomini, con lo scopo di migliorare la razza o semplicemente di creare nuovi schiavi… i cui discendenti saremmo noi.

Adesso che abbiamo fatto chiarezza (per quanto possibile!) sulla natura degli dèi, vediamo cosa – secondo i miti – avrebbero combinato cercando di creare l’uomo.

Esperimenti malriusciti

Numerose tradizioni fanno riferimento a creazioni “difettose” che sarebbero poi state distrutte dalle divinità. Talvolta, ad essere “venuto male” è solo l’uomo; altre volte, è l’intera Creazione. La Genesi afferma che Dio “si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo” (6, 6). Non solo: “Il Signore disse: «Sterminerò dalla terra l’uomo che ho creato: con l’uomo anche il bestiame e i rettili e gli uccelli del cielo, perché sono pentito di averli fatti»” (6, 7). La tradizione ebraica extrabiblica si spinge oltre, affermando che prima del mondo attuale Dio ne avrebbe creati e distrutti altri mille (!).

Per quanto riguarda la creazione dell’uomo, secondo un celebre mito greco riportato da Esiodo nelle Opere e i Giorni (poi ripreso da Ovidio nelle Metamorfosi), gli dèi avrebbero creato quattro stirpi umane prima dell’attuale. Ciascuna stirpe è associata ad un metallo via via meno pregiato, dall’oro fino al ferro. Esiodo, nel narrare il mito, esordisce affermando che uomini e dèi hanno la stessa origine, il che sembra confermare quanto abbiamo ipotizzato poc’anzi sulla natura delle divinità.

Secondo il mito, la prima stirpe creata dagli dèi, quella aurea, visse felicemente sotto Crono in un mondo idilliaco, finché, per motivi sconosciuti, scomparve sottoterra. Gli dèi crearono allora un’altra stirpe, quella argentea, molto peggiore della prima e dissimile da essa sia nell’aspetto, sia nella mente. Gli uomini avevano un’infanzia lunghissima, ma una volta divenuti adulti, vivevano poco tempo. Dato che non rendevano onore agli dèi, Zeus li sterminò tutti e creò un’altra stirpe, quella di bronzo. Gli uomini di questa stirpe “potente e terribile”, nati dai frassini, vivevano in case di bronzo e si fabbricavano armi di bronzo. Crudeli e violenti, si distrussero con le proprie mani e discesero nell’Ade.

La stirpe successiva creata da Zeus fu quella degli eroi, migliore della precedente poiché in parte umana e in parte divina. Questi eroi furono sterminati in battaglia, sotto Tebe e nella guerra di Troia; dopo la morte, Zeus li pose nelle Isole dei Beati. Altrove, tuttavia, Esiodo afferma che fu proprio Zeus a innescare conflitti in modo da favorire il loro sterminio e impedire ulteriori unioni tra uomini e dèi (Catalogo delle Donne, V, 95 sgg.). Alla stirpe dei semidei seguì l’attuale, quella ferrea, peggiore di tutte le altre poiché dominata dall’ingiustizia e dalla violenza. Anch’essa verrà distrutta da Zeus quando la sua corruzione sarà giunta al culmine.

L’età dell’argento in un dipinto di Lucas Cranach (1516). Da qui.

Chiunque abbia un’infarinatura di mitologia comparata avrà senz’altro notato il curioso parallelismo tra le “cinque stirpi” di Esiodo e le “cinque creazioni” della mitologia azteca. Ciascuna creazione era associata ad un diverso Sole, che prendeva il nome dalla catastrofe che avrebbe messo fine alla sua epoca. Quella attuale sarebbe appunto la quinta creazione, e il Sole attuale il Sole di Terremoto, poiché la nostra era dovrà concludersi con un grande evento tellurico (forse causato dal raddrizzamento dell’asse terrestre).

Secondo gli Aztechi, durante il primo Sole (Sole del Giaguaro) gli dèi crearono una razza di giganti. Poiché però questi ultimi si rivelarono incapaci di coltivare la terra, essi mandarono dei giaguari a divorarli. Nel Sole di Vento decisero di fare un altro tentativo, questa volta creando uomini di statura normale. Tuttavia, col passare del tempo, essi divennero sempre meno civilizzati e sempre più negligenti nei loro doveri verso gli dèi, che alla fine decisero di spazzarli via con un vento fortissimo. I superstiti si trasformarono in scimmie.

Nel Sole di Pioggia, gli dèi crearono altri uomini, che si rivelarono in grado di coltivare la terra. Ma la loro poca attenzione nel lavoro non piacque agli dèi, che decisero perciò di sterminare anche loro. Per distruggerli mandarono sulla terra una pioggia di fuoco; i superstiti si trasformarono in uccelli. Durante il quarto Sole (Sole d’Acqua), gli dèi fecero un ulteriore tentativo: questa volta, gli uomini si rivelarono troppo egoisti, per cui essi decisero di sterminarli con un diluvio. I superstiti si trasformarono in pesci.

I “cinque soli” del mito azteco raffigurati su una moneta delle isole Palau. Da qui.

Anche secondo i Maya gli dèi fecero diversi tentativi prima di ottenere l’essere umano attuale. Secondo il Popol Vuh, il testo sacro dei Maya Quiché, gli dèi crearono dapprima gli animali, ma videro che questi non erano in grado di parlare e di rendere loro omaggio. Decisero perciò di creare un essere che li avrebbe onorati e sostenuti nelle loro necessità: l’uomo.

Il primo “prototipo” fu realizzato con terra e fango, ma si rivelò un fallimento: la sua consistenza molle faceva sì che si sbriciolasse facilmente; inoltre era incapace di camminare, di muovere la testa e di riprodursi. Era in grado di parlare, ma senza comprensione. Gli dèi si resero conto dell’errore e decisero di ritentare. Realizzarono quindi una nuova razza a partire da modellini di legno: questa volta, gli esseri umani si rivelarono in grado di riprodursi e cominciarono a moltiplicarsi. Tuttavia, camminavano senza uno scopo, “a gattoni”; parlavano, ma i loro volti erano “maschere”; nei loro corpi non scorreva sangue. Poiché neanche loro si ricordavano dei loro creatori, gli dèi decisero di distruggerli: mandarono quindi dei giaguari a sbranarli, e poi una pioggia torrenziale che li sterminò tutti. I discendenti di questi uomini di legno sarebbero le scimmie ragno.

Gli dèi fecero quindi un terzo tentativo: questa volta, la “materia prima” per realizzare gli esseri umani fu il mais. In questo modo furono generati i primi quattro uomini, tutti maschi, simili agli esseri umani attuali. Finalmente la creazione era riuscita bene… perfino troppo bene. Gli uomini avevano infatti una vista prodigiosa: “Perfetta era la loro vista, e perfetta era la loro conoscenza di ogni cosa sotto il cielo. Se si guardavano intorno, osservando attentamente, vedevano ciò che era in cielo e ciò che era sulla terra. Immediatamente furono in grado di vedere tutto. Non avevano bisogno di camminare per vedere tutto ciò che esisteva sotto il cielo. Semplicemente, lo vedevano dovunque fossero. Così la loro conoscenza divenne completa. La loro vista passava oltre gli alberi e le rocce, oltre i laghi e i mari, oltre le montagne e le valli”.

Ma gli dèi non furono contenti di questo: anche se gli uomini erano loro grati, la vista che possedevano e la conoscenza che grazie ad essa avevano accumulato li rendeva troppo simili a loro. Pertanto, essi tolsero agli uomini la loro vista: i loro occhi vennero offuscati come quando si alita sopra uno specchio. In questo modo, gli uomini riuscirono a vedere solo ciò che era vicino, dove si trovavano. E con la loro vista, anche la loro conoscenza andò perduta. Gli dèi crearono per ciascuno dei quattro uomini una compagna, in modo che – ora che erano “innocui” – potessero moltiplicarsi.

Altri miti estremamente interessanti sulla creazione dell’uomo si ritrovano presso i Sumeri. Qui lo scopo degli dèi, espressamente dichiarato, è quello di ottenere degli schiavi che lavorino al posto loro. Il Poema di Atrahasis narra come gli dèi, stanchi di lavorare, giunsero a questa decisione, e di come l’uomo fu creato a partire da argilla mista a “carne e sangue” (DNA?) di un dio sacrificato.

Anche in questo caso, non tutto filò liscio fin da subito: la storia di Enki e Ninmah, per esempio, descrive vari “prototipi” malriusciti della creatura umana. Secondo il racconto, la dea Ninmah plasmò con l’argilla diversi uomini, ma tutti avevano qualche difetto: uno era cieco; un altro aveva i piedi paralizzati ed era quindi incapace di camminare; un altro ancora non aveva organi genitali. Ninmah plasmò anche una donna, che però si rivelò sterile.

L’esperimento del dio Enki non ebbe miglior successo: la sua creatura, descritta come il frutto di una vera e propria inseminazione artificiale, era infatti gravemente deforme: “Il suo capo era malato, le sue tempie erano malate, i suoi occhi erano malati, il suo collo era malato, respirava a fatica, le costole erano schiacciate, i polmoni erano malati, il suo interno era malato, le sue interiora erano malate, le sue mani non riuscivano a portare il cibo alla bocca a causa della testa ciondolante, la spina dorsale non era attaccata alla testa, le spalle cadenti e i piedi piatti non (gli permettevano di) camminare nel prato”.

La “creazione dell’uomo” da parte della dea Ninmah. Immagine tratta da un sigillo sumero. Da qui.

Leggendo questi testi, è davvero difficile non pensare alle moderne pratiche della fecondazione in vitro e dell’ingegneria genetica. Tuttavia, tali pratiche non possono creare nulla, ma solo agire su qualcosa di preesistente: ciò significa che la razza umana non fu affatto “creata dagli dèi”, bensì – appunto – manipolata, con metodi che solo oggi stiamo lentamente “riscoprendo”.

L’uomo attuale

Se prestiamo fede ai miti, l’uomo come lo conosciamo oggi è il frutto di innumerevoli esperimenti, ibridazioni e manipolazioni genetiche effettuate nel corso dei millenni. Potremmo chiederci, a questo punto, se vi siano prove di tutto ciò riscontrabili nel nostro genoma o in qualche aspetto della nostra biologia.

Secondo una diffusa credenza, gli ibridi sono sempre sterili: poiché l’uomo, al contrario, è capace di riprodursi, potrebbe sembrare impossibile che la nostra specie sia il frutto di un’ibridazione. In realtà, il ricercatore Eugene McCarthy ha mostrato che tra gli uccelli, ad esempio, gli ibridi fertili (perlomeno considerando i reincroci, ossia gli accoppiamenti con una delle specie genitrici) occorrono con una frequenza otto volte maggiore di quelli sterili. Ciò che si osserva negli ibridi, semmai, è una riduzione della fertilità, non necessariamente la sua perdita.

La riduzione della fertilità è di solito associata ad anomalie negli spermatozoi, che nell’uomo sono molto comuni. Rispetto alla stragrande maggioranza dei mammiferi, la quota di spermatozoi umani di forma anomala è molto alta; anche spermatozoi apparentemente normali possono presentare alterazioni a carico del nucleo. Le caratteristiche degli spermatozoi, unitamente alla relativa frequenza degli aborti spontanei, fa di noi una specie decisamente poco fertile, e ciò rende l’ipotesi dell’ibridazione molto meno assurda di quanto potesse apparire a prima vista.

Per quanto riguarda invece il nostro genoma, in passato alcuni sostenitori dell’ipotesi extraterrestre hanno ritenuto di individuare nel DNA umano alcuni elementi “sospetti” (per esempio geni apparentemente “spuntati dal nulla”, senza paralleli in altre specie), tali da far ipotizzare un intervento esogeno. Sebbene non si possa escludere tale ipotesi, è difficile trarre conclusioni certe, dal momento che ancora sappiamo relativamente poco del nostro DNA.

Ad ogni modo, stabilire se vi sia o meno qualche “gene alieno” nel genoma umano ha un’importanza secondaria. Ciò che realmente conta è che le manipolazioni hanno intaccato solo la nostra biologia, non la nostra natura più profonda, che è tale e quale a quella degli “dèi”. Teorie come quella degli “antichi astronauti” hanno contribuito a svilire l’essere umano tanto quanto il darwinismo, a cui sono alternative solo in apparenza. È tempo di raccontare tutta quanta la nostra storia e non le solite mezze verità, funzionali solo a tenerci all’oscuro delle nostre vere origini.

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