Popoli Misteriosi: gli Iperborei

Particolare di una mappa del 1624 raffigurante la mitica terra degli Iperborei. Da qui.

La superficie del Pianeta Terra è stata ormai completamente esplorata e mappata, e tutti i popoli del mondo (salvo qualche tribù sperduta) sono stati conosciuti e studiati dagli antropologi. Ma in passato, quando il mondo era ancora in larga parte inesplorato e le comunicazioni meno facili, i popoli fra loro lontani potevano non incontrarsi mai. Gli abitanti di luoghi remoti finivano quindi per scivolare nella leggenda.

Ma alcuni antichi popoli semileggendari sono ancora oggi avvolti nel mistero: uno di questi è quello degli Iperborei. Il loro nome deriva dal greco e significa “oltre (hyper) il vento del nord (Boreas)”: si trattava dunque di una popolazione che abitava le estreme regioni del settentrione.

Ma cos’altro sappiamo di loro? Ben poco, in realtà: vari autori antichi li menzionano, ma le loro affermazioni sono in contraddizione fra loro e non sempre precise. Non è facile, perciò, capire dove esattamente vivessero gli Iperborei, né quale lingua parlassero, né di quale popolo facciano parte i loro discendenti. Tuttavia, in questo articolo proveremo a dare una risposta a questi interrogativi.

Le fonti storiche

Passiamo innanzitutto in rassegna le principali fonti che parlano degli Iperborei. Cominceremo dalla mitologia per arrivare alle opere degli antichi storici.

Mitologia greca

Uno dei più antichi riferimenti agli Iperborei si trova nell’Inno omerico a Dioniso. Il dio, ancora fanciullo, viene rapito da pirati tirreni e il comandante della nave minaccia di condurlo fino all’Egitto, a Cipro e nel paese degli Iperborei. Quest’ultimo luogo appare come un “intruso” nella terna, poiché l’unico a non essere bagnato dal Mediterraneo, e inoltre lontanissimo da Cipro e dall’Egitto (oltreché dalla Tirrenia, ossia l’attuale Toscana). A meno che non si accetti la teoria di Felice Vinci, secondo cui questi nomi si riferiscono in realtà a luoghi nordici: l’Egitto omerico corrisponderebbe infatti alla Polonia e Cipro all’isola di Saaremaa (per quanto riguarda la Tirrenia, avevamo suggerito che quella originaria si trovasse nel mar del Nord). Ecco allora che gli Iperborei non appaiono più così “fuori posto”…

Anche Esiodo, in un frammento del Catalogo delle Donne, menziona gli Iperborei, collocandoli “presso le alte cascate dell’Eridano dal profondo alveo”. L’Eridano è uno dei tanti fiumi “mitici”, la cui esatta ubicazione è sempre stata incerta: con ogni probabilità era un fiume del Nord Europa, la cui memoria è andata perduta a seguito della discesa degli Achei nel Mediterraneo.

Ulteriori riferimenti si trovano nel mito di Perseo: infatti è proprio nel paese degli Iperborei che l’eroe decapita Medusa. Inoltre, dopo questa impresa Perseo si reca in Etiopia, che, come avevamo esposto qui, era in realtà la parte più settentrionale della Norvegia: ciò significa che probabilmente gli Iperborei non abitavano molto lontano da lì.

Infine, anche una delle dodici fatiche di Eracle, la cattura della cerva di Cerinea, si svolge nella terra degli Iperborei. La cerva di Cerinea era molto particolare poiché provvista di corna (di solito assenti nelle femmine dei cervidi) e in grado di essere aggiogata a un carro: praticamente una renna! Si tratta di un altro indizio che ci tornerà utile in seguito…

Eracle cattura la cerva di Cerinea. Anfora greca del VI secolo a.C.

Erodoto

Nel libro IV delle Storie (capitolo 13 e 32-36) il celebre storico greco vissuto nel V secolo a.C. ci ha lasciato diverse informazioni sugli Iperborei. Egli afferma che la sua fonte principale erano gli abitanti di Delo, un’isola dell’Egeo che intratteneva da tempo rapporti con questo popolo (una sorta di “gemellaggio”, diremmo noi oggi). I Deli affermavano che gli Iperborei inviavano delle offerte avvolte in paglia di frumento, che dagli Sciti (un popolo che abitava a settentrione e a oriente del Mar Nero) giungevano, passando di popolo in popolo, fino all’Adriatico, e poi verso sud fino a Dodona, in Grecia, e così via di città in città fino a Delo. I Deli narravano anche che in passato alcune fanciulle iperboree si erano recate in visita a Delo per tributare onori agli dei, e queste fanciulle venivano anch’esse onorate dagli abitanti dell’isola.

Erodoto non ci dice dove vivessero esattamente gli Iperborei; tuttavia, parlando di alcuni popoli localizzabili alle pendici degli Urali, nomina altri popoli (anch’essi leggendari) situati a settentrione di questi, e afferma che ancora più a nord vivrebbero gli Iperborei, “che giungerebbero fino al mare” (IV, 13). Egli cita un certo Aristea di Proconneso come fonte di queste notizie.

Diodoro Siculo

Nella sua Biblioteca Storica (II, 47) Diodoro Siculo riporta alcune informazioni (che però definisce “leggendarie”) ottenute dallo scrittore Ecateo di Abdera, vissuto tra il IV e il III secolo a.C. Secondo il suo racconto, gli Iperborei abitavano su un’isola “non più piccola della Sicilia”, situata nel mare al di là del territorio dei Celti. L’isola era caratterizzata da un clima particolarmente mite e dava due raccolti l’anno. Vi si trovava un tempio di forma sferica dedicato ad Apollo, a cui gli Iperborei erano molto devoti (si diceva infatti che il dio fosse nato lì). Gli Iperborei, continua Diodoro, avevano una propria lingua, ma erano in rapporti d’amicizia con i Greci, e in particolare con gli abitanti di Atene e Delo (il che conferma quanto riportato da Erodoto).

La nascita di Apollo e Artemide in un dipinto di Giulio Romano (prima metà del XVI secolo). Da qui.

Plinio il Vecchio

Plinio menziona gli Iperborei nel libro IV della Storia Naturale (capitoli 88-91). Egli li situa al di là dei monti Rifei, d’incerta collocazione – ci ritorneremo più tardi – dai quali si dice spirasse il vento del nord. La regione immediatamente a sud, chiamata Pteroforo per via della neve che vi cadeva continuamente (i fiocchi erano paragonati alle piume, pteron in greco), era contraddistinta da un clima rigidissimo e da una perpetua oscurità. Al contrario, la terra degli Iperborei godeva di un clima temperato, e il sole sorgeva e tramontava una sola volta l’anno. Gli Iperborei vengono descritti come miti e pacifici, non suscettibili alle malattie né alla morte naturale: Plinio afferma infatti che quando ritengono di aver vissuto abbastanza, pongono fine alla loro vita gettandosi da una rupe. Riporta poi alcune informazioni già riferite da Erodoto e Diodoro Siculo, tra cui l’amicizia con i Deli.

Plinio ci informa anche del fatto che secondo alcuni gli Iperborei vivevano nella parte più settentrionale dell’Asia, non dell’Europa: in Asia, infatti, si trovavano gli Attacori, un popolo a loro affine. Ma gli Attacori non sono altro che gli Uttarakuru indiani, a loro volta accostabili agli Etiopi omerici. Ritorneremo più avanti su questo argomento…

Possibili collocazioni geografiche

Sebbene alcune delle informazioni sugli Iperborei abbiano sapore leggendario, esiste a mio avviso abbastanza materiale per affermare che questo popolo sia realmente esistito. Ma chi erano davvero gli Iperborei? E dove vivevano esattamente? Esaminiamo alcune ipotesi.

Isole britanniche

Sulla base di quanto affermato da Diodoro Siculo, alcuni studiosi hanno localizzato gli Iperborei in Gran Bretagna, riconoscendo nel “tempio rotondo” dedicato ad Apollo un chiaro riferimento a Stonehenge. Ma questa ipotesi è poco convincente, poiché altrove nella sua opera Diodoro descrive la Britannia senza fare alcun cenno agli Iperborei né tantomeno a Stonehenge. Potrebbe trattarsi dunque dell’Irlanda? La Biblioteca Storica (V, 32) menziona anche quest’isola (che chiama Iris), ma non la associa agli Iperborei. Tuttavia, l’Irlanda era meno conosciuta della Britannia, e può darsi che Diodoro non si fosse reso conto che era proprio quella l’isola “non più piccola della Sicilia” di cui parlava Ecateo.

Ma anche altri dettagli sembrano suggerire questa identificazione: Diodoro, infatti, afferma che la città principale dell’isola era governata dai discendenti di Borea, detti appunto Boreadi (II, 47). Ebbene, nella lingua gaelica boreadach significa “nobile capo”! E forse si può intravedere un legame anche con i bardi, gli antichi cantori celtici: Diodoro ci informa infatti che gli abitanti del paese suonavano continuamente la cetra in onore di Apollo (ibid.).

Ma è possibile localizzare anche il tempio rotondo di Apollo? Forse sì: potrebbe trattarsi del tumulo di Newgrange, una grande costruzione megalitica di forma circolare.

Scandinavia

L’Irlanda, dunque, rispecchia abbastanza bene le indicazioni fornite da Diodoro Siculo. Eppure, se diamo retta ad altre fonti, bisogna cercare gli Iperborei molto più a nord: forse quindi l’Irlanda non era la loro sede originaria.

Plinio ed altri autori sono concordi nel collocare gli Iperborei al di là dei monti Rifei. Ma dove sono questi monti? Su questo neppure gli antichi erano concordi, segno del fatto che, come accaduto con l’Eridano e altri fiumi, la memoria di queste alture era andata perduta in seguito alla migrazione verso sud. Quindi, è – ancora una volta – nel Nord Europa che dovremo cercare.

E infatti è in Scandinavia che troviamo i monti Rifei “originali”: le Alpi scandinave! Adamo di Brema, studioso e teologo dell’XI secolo, ce ne dà la conferma (vedi la mappa riportata qua sotto). Inoltre, come esposto nel libro Gli Dei Baltici della Bibbia, anche la toponomastica supporta questa ipotesi: un esempio è costituito dal monte Ryphøa, in Norvegia.

Una versione del 1911 della mappa di Adamo di Brema (XI secolo). Si notino i monti Rifei. Da qui.

Dunque la patria degli Iperborei potrebbe essere stata la Norvegia, più precisamente le coste situate oltre il Circolo Polare Artico e – appunto – al di là dei monti Rifei.

Russia

Un’ulteriore ipotesi è che gli Iperborei vivessero tra la Russia nordoccidentale e la Lapponia: i loro discendenti potrebbero essere le popolazioni ugro-finniche. Questa ipotesi, in realtà, non è in contraddizione con la precedente, e spiegherebbe la testimonianza di Erodoto sugli Iperborei “uralici”. Oggi, infatti, i due principali gruppi di popoli ugro-finnici si trovano nei Paesi balto-scandinavi e in Russia, presso i monti Urali (e alcuni vivono lungo le coste, proprio come riportato da Erodoto).

Mappa che illustra la diffusione delle lingue uraliche (che comprendono anche quelle ugro-finniche). Da qui.

Forse gli “Iperborei scandinavi” (alcuni dei quali potrebbero essere giunti in Irlanda) erano quelli più in amicizia con i Greci: anch’essi infatti erano originari degli stessi luoghi. Ma il loro territorio era accomunato a quello degli “Iperborei uralici” dalla presenza della renna, l’animale che catturò Eracle nella sua terza fatica. Gli Attacori (alias Etiopi alias Uttarakuru) di cui parlava Plinio non sarebbero altro che gli Iperborei, anche se questo nome finì poi per designare il solo ramo uralico.

Probabilmente col passare dei secoli il ricordo di queste popolazioni sfumò nella leggenda, confondendosi con il mito (anch’esso in realtà un vago ricordo) della patria artica perduta, che è comune a tanti popoli sparsi per il mondo.

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