Un’Indagine sulla Pietra dell’Avvoltoio

La “Pietra dell’Avvoltoio” a Göbekli Tepe. Da qui.

In un recente articolo, parlando della storia delle costellazioni, ci eravamo soffermati sul sito archeologico di Göbekli Tepe, e in particolare sul Pilastro 43; il pilastro è noto anche come Pietra dell’Avvoltoio, poiché uno dei bassorilievi con cui è decorato raffigura proprio questo animale. Secondo alcune interpretazioni, le figure che ornano il pilastro rappresenterebbero delle costellazioni; tuttavia, vi sono opinioni discordanti sulle costellazioni che sarebbero rappresentate, così come sull’epoca e il momento dell’anno (solstizio, equinozio…) a cui si riferirebbe questa mappa celeste.

Sebbene l’argomento fosse già stato trattato, ho pensato che fosse utile un approfondimento ulteriore, dato la sua rilevanza straordinaria per la storia dell’astronomia (nonché dell’Umanità). Anche in questo articolo ci rifaremo all’interpretazione proposta da Paul Burley e ripresa in seguito da Graham Hancock; tuttavia, ce ne discosteremo in alcuni punti e cercheremo di aggiungere ulteriori particolari. Proveremo inoltre a stabilire la vera data di realizzazione di questa mappa celeste, che come vedremo è strettamente legata alla sua funzione e molto, molto più antica di quanto ritenuto dagli archeologi.

La datazione

La datazione con il metodo del carbonio-14 ha assegnato a Göbekli Tepe un’età di circa 11.600 anni. Eppure, quando fu scoperto, il sito era completamente ricoperto di terra, e le sue fondamenta giacevano a circa 4 metri di profondità. Com’è possibile che ciò sia avvenuto in “soli” 12.000 anni? Gli archeologi ipotizzano che sia stato seppellito intenzionalmente, anche se il motivo di ciò resta ignoto. Ma esiste anche un’altra possibile spiegazione, e cioè che sia avvenuta semplicemente una lenta e graduale deposizione di sedimenti. Il problema è che una tale quantità di sedimenti potrebbe essersi depositata in un tempo estremamente lungo, superiore ai 200.000 anni!

Le datazioni di Mario Buildreps, basate sull’orientamento degli edifici rispetto al Polo Nord geografico, supportano i dati stratigrafici. Il Recinto A del sito, infatti, risalirebbe ad un periodo compreso fra i 330.000 e i 345.000 anni fa, quando il Polo si trovava a sud della Groenlandia; il Recinto B a 210.000-225.000 anni fa; il Recinto C a 130.000-155.000 anni fa; e il Recinto D, dove si trova la Pietra dell’Avvoltoio, in un’epoca intermedia fra i 130.000 e i 26.000 anni fa, quando il Polo Nord si spostò dalla sua precedente posizione nel nord della Groenlandia a quella attuale, a causa della deformazione della crosta terrestre. Poiché in quel lasso di tempo il Polo percorse 14°, e il Recinto D si trova orientato in un punto a circa metà percorso, Mario Buildreps colloca la sua età tra i 70.000 e gli 80.000 anni fa.

Mappa dei recinti di Göbekli Tepe. Da qui.

Gli archeologi ipotizzano che i diversi recinti siano opera di costruttori diversi, vissuti forse in epoche diverse: un indizio di ciò sta nel fatto che le figure scolpite sui pilastri variano da un recinto all’altro (per esempio, nel Recinto A prevalgono i serpenti, nel B le volpi, e così via). Le datazioni di Mario Buildreps supportano l’ipotesi che la costruzione di Göbekli Tepe sia avvenuta in più tappe, ma mostrano che ciò avvenne in un arco di tempo di centinaia di migliaia di anni, non di alcuni secoli come ritenuto dall’archeologia.

Ma è possibile individuare più precisamente la data di costruzione del Recinto D? La scorsa volta avevamo dato per buona l’ipotesi che i bassorilievi sulla Pietra dell’Avvoltoio rappresentassero la configurazione celeste durante il solstizio invernale, ed avevamo notato che si trattava di una configurazione valida non solo per l’epoca odierna, ma anche per circa 75.000 anni fa (77.760, per l’esattezza). Questa conclusione scaturiva interpretando la figura dell’avvoltoio come il Sagittario e il cerchio come il Sole, che oggi come tre cicli precessionali fa si trova per l’appunto in quella posizione all’alba del solstizio d’inverno.

Tuttavia, se riportiamo il Recinto D in posizione corretta, in modo cioè che il suo asse di simmetria sia diretto verso nord, scopriamo che la Pietra dell’Avvoltoio si trova orientata esattamente verso est. Ciò significa che non bisogna guardare ad un solstizio, bensì ad un equinozio, perché è solo durante gli equinozi che il Sole sorge esattamente ad est. Poiché ad essere decorata è la facciata ovest del pilastro, un osservatore rivolto verso est, all’alba dell’equinozio di primavera (o d’autunno? Cercheremo di stabilirlo fra un attimo), avrebbe avuto davanti a sé la mappa celeste della zona che stava osservando (compresa la regione non visibile poiché al di sotto dell’orizzonte).

Portando l’asse di simmetria del Recinto D in direzione nord-sud, la Pietra dell’Avvoltoio appare orientata in direzione est-ovest.

Dunque il Recinto D fu costruito in un’epoca in cui durante l’equinozio di primavera (o d’autunno) il Sole sorgeva nel Sagittario (e inoltre allineato con il centro della Via Lattea, come vedremo in seguito). Se incrociamo questa informazione con la datazione proposta da Mario Buildreps, troviamo due date possibili per la sua costruzione (chiaramente approssimative): il 69.200 a.C. (se consideriamo l’equinozio di primavera) e l’82.100 a.C. (se consideriamo quello d’autunno). Dato che nel corso della storia l’equinozio di primavera ha sempre avuto una maggiore considerazione di quello d’autunno, a mio avviso la data più probabile è la prima.

Resta da spiegare il risultato della datazione con il carbonio-14. Rispetto ad altri metodi di datazione, il metodo del carbonio-14 è più affidabile; tuttavia, può essere applicato solo a resti organici, peraltro relativamente recenti (dato che il tempo di dimezzamento del carbonio-14 è di soli 5730 anni). Ma c’è anche un’altra criticità: una datazione accurata, infatti, è possibile solo se la quantità di carbonio-14 assorbita dagli organismi viventi è rimasta costante nel tempo. Come spiegato in questo video, eventi come le espulsioni di massa coronale possono aumentare drasticamente la formazione di carbonio-14 sulla Terra: di conseguenza, gli organismi vissuti in un periodo in cui la quantità di carbonio-14 era maggiore di quella attuale, se datati con questo metodo, appariranno molto più giovani di quanto siano in realtà. Ciò potrebbe spiegare i risultati delle analisi sui resti organici rinvenuti a Göbekli Tepe, la cui età andrebbe retrodatata di alcune decine di migliaia di anni.

Le figure

Esamineremo adesso le figure scolpite sul pilastro, cercando di ricostruire il più fedelmente possibile la mappa che avevano in mente i costruttori di Göbekli Tepe. È bene precisare che la configurazione attuale delle costellazioni non è identica a quella di 71.000 anni fa: tuttavia, dato che le differenze non sono esagerate, per semplicità faremo riferimento al cielo che vediamo oggi; è possibile farsi un’idea di come appariva il cielo all’epoca tramite il programma Stellarium. Teniamo conto, inoltre, che nonostante lo spostamento del Polo la latitudine di Göbekli Tepe è rimasta pressoché invariata.

L’avvoltoio e il cerchio

Partiamo dalla figura che dà il nome al pilastro, ovvero l’avvoltoio. Come già accennato, l’avvoltoio rappresenterebbe il Sagittario, e precisamente l’asterismo della Teiera, che contiene le stelle più brillanti della costellazione: si tratta di una rappresentazione molto più intuitiva rispetto al centauro arciere che abbiamo ereditato dai Babilonesi. L’occhio dell’avvoltoio potrebbe corrispondere a Polis (Mu Sgr), mentre l’orecchio (il foro a sinistra dell’occhio) a 21 Sgr. Le zampe invece potrebbero estendersi fino alla stella Eta Sgr.

E il cerchio sorretto dall’ala dell’avvoltoio? L’ipotesi più logica è che si tratti del Sole, che infatti lungo il suo percorso transita proprio in questa zona. Se l’estremità dell’ala corrispondesse alla stella Chi Sgr (il “beccuccio” della Teiera), il Sole si troverebbe allineato con il centro della Via Lattea (forse simboleggiata dai motivi geometrici): oggi questo allineamento avviene durante il solstizio d’inverno, ma come abbiamo visto quando il Recinto D fu costruito si verificava durante l’equinozio di primavera.

L’avvoltoio del Pilastro 43 sovrapposto alla costellazione del Sagittario come appare oggi; il cerchio rappresenta il Sole, allineato con il centro galattico. Immagine del cielo tratta dal programma Stellarium.

Il fenicottero e il serpente

Veniamo adesso alle due figure sulla destra, un uccello e un piccolo serpente. Nel precedente articolo avevo ipotizzato che l’uccello in questione rappresentasse un serpentario, noto per cacciare e divorare serpenti. Tuttavia, credo che un’identificazione migliore sia quella con il fenicottero, il cui aspetto combacia piuttosto bene con quello della figura scolpita sul pilastro (e che, a differenza del serpentario, è ancor oggi diffuso in Medio Oriente, Turchia inclusa).

Osserviamo che il profilo del fenicottero coincide con le stelle meridionali dell’Ofiuco: Sabik (Eta Oph), Han (Zeta Oph) e Yed Prior (Delta Oph). Le zampe si estendono verso l’eclittica e potrebbero includere le stelle Pi Sco e Ro Sco, nello Scorpione; le estremità potrebbero coincidere con Ypsilon Lib e Tau Lib, nella Bilancia.

E il serpente? Non dovrebbe essere lontano dall’Ofiuco; possiamo infatti individuarlo tra le stelle dello Scorpione: la testa è formata stelle Delta Sco e Beta Sco, mentre la coda si estende fino a Psi Sco e Csi Sco.

Il fenicottero e il serpente sovrapposti alle costellazioni dell’Ofiuco e dello Scorpione.

Il pulcino

A ridosso del fenicottero è raffigurato un altro uccello che sembra rappresentare un pulcino, forse proprio un pulcino di fenicottero, come sembrano suggerire sia il suo aspetto, sia la sua vicinanza all’animale “adulto”.

La posizione del pulcino corrisponde a quella delle stelle che formano il corpo dello Scorpione; in particolare, l’occhio potrebbe corrispondere ad Antares, mentre l’estremità delle zampe alle stelle più settentrionali del Lupo, come Eta Lup.

Il pulcino sovrapposto alle costellazioni dello Scorpione e del Lupo.

Lo scorpione

Nella parte inferiore del pilastro è raffigurato uno scorpione, che corrisponde in parte all’attuale costellazione dello Scorpione. Oggi le stelle più meridionali della costellazione formano una struttura ad uncino, che ricorda appunto la coda di uno scorpione. 70.000 anni fa, invece, erano disposte a W: la testa dello scorpione era contrassegnata dunque da Eta Sco, mentre le due chele da Shaula (Lambda Sco) ed Epsilon Sco. La coda, invece, si trovava più a sud, e comprendeva forse alcune stelle dell’Altare.

Lo scorpione sovrapposto alle costellazioni dello Scorpione e dell’Altare.

L’oca

Al di sotto dello scorpione è rappresentato un uccello dal lungo collo, che per semplicità definiremo “oca” (ma che per certi versi potrebbe ricordare perfino un dinosauro!). La sua posizione indica che dobbiamo identificarla con parte dell’Altare (e forse anche del Triangolo Australe). L’occhio dell’oca potrebbe coincidere con Beta Ara.

L’oca sovrapposta alle costellazioni dell’Altare e del Triangolo Australe.

Altre figure

Vediamo adesso alcune delle figure “minori” (ma non meno interessanti) del pilastro.

Il serpente raffigurato a sinistra dello scorpione potrebbe essere formato dalle stelle del Telescopio e forse anche della Corona Australe e della parte meridionale del Sagittario; purtroppo la facciata sinistra del pilastro non è stata portata interamente alla luce e quindi ci sono preclusi ulteriori particolari.

Sotto al serpente è visibile la figura di un lupo, divisa in due parti: la testa e, sotto, le zampe anteriori. Si tratta forse della figura più difficile da interpretare, poiché la zona di cielo in cui dovrebbe trovarsi la costellazione corrispondente è piuttosto povera di stelle. Però è possibile notare qualche parallelismo con la costellazione del Pavone, situata poco più a sud.

Infine, a destra dell’oca si trova un bassorilievo che sembra rappresentare un uomo senza testa, e che possiamo identificare con il Triangolo Australe ed il Compasso.

Il serpente, il lupo e l’uomo decapitato sovrapposti alle costellazioni del Telescopio, del Pavone, del Triangolo Australe e del Compasso.

Siamo pronti, a questo punto, per contemplare la mappa completa.

A sinistra, la Pietra dell’Avvoltoio; a destra, le figure sovrapposte alle costellazioni.

Le misteriose “borse”

Prima di concludere, dobbiamo ritornare un attimo sulla parte superiore della Pietra dell’Avvoltoio: non abbiamo ancora parlato, infatti, delle tre figure simili a borse che campeggiano in cima al pilastro, ognuna associata ad un animale (la prima a un uccello, la seconda a un felino, la terza a una rana). Queste figure ricordano molto da vicino le borse con cui venivano rappresentati gli dèi mesopotamici (ma non solo: lo stesso accessorio si ritrova anche in opere di altre culture antiche); tuttavia, come fatto notare dall’astrofisico Giulio Magli, le borse presentano delle affinità anche con le “case del cielo” che compaiono sui kudurru babilonesi.

Due esempi di kudurru. Notare in entrambi le raffigurazioni di case (associate a simboli) e di animali (compreso lo scorpione). Immagine a sinistra da qui; immagine a destra da qui.

Come interpretare dunque questi misteriosi oggetti? Forse potrebbero rappresentare le “case” in cui i costruttori di Göbekli Tepe suddividevano il cielo: una sorta di zodiaco, ma slegato dalle costellazioni – appunto – “zodiacali” e associato ad altri simboli; potremmo definirlo una via di mezzo tra uno zodiaco vero e proprio e un sistema di coordinate celesti. E forse in seguito la borsa venne associata agli dèi proprio per simboleggiare la loro origine celeste.

Concludiamo qui la nostra piccola ricerca, consapevoli del fatto che saranno necessarie numerose ulteriori indagini per far luce sui tanti misteri ancora irrisolti di Göbekli Tepe.

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