L’Età dell’Oro

Particolare del Giardino delle Delizie di Hyeronimus Bosch (fine XV secolo).

Una delle più evidenti differenze tra la mentalità degli antichi e la nostra consiste nella percezione del tempo, ciclico per loro, lineare per noi. Inoltre, l’uomo moderno ha una visione evoluzionistica, crede cioè di essere giunto allo stato attuale grazie ad una lunga serie di cambiamenti biologici (l’acquisizione della statura eretta, l’aumento della capacità cranica…) e scoperte scientifiche. Al contrario, la visione degli antichi era involuzionistica: per loro, la condizione umana era il frutto di una decadenza da uno stato originario di perfezione.

Ma se il mondo fu creato perfetto, perché oggi non è più così? Com’era questo mondo originario, e cosa innescò il suo – fino ad ora – inarrestabile degrado? Vediamo se, tramite la Bibbia e la mitologia, è possibile saperne un po’ di più su quest’epoca perduta, l’Età dell’Oro appunto.

Le età dell’Umanità

In molte culture antiche, come accennavamo, ritroviamo la concezione di una storia ciclica e ripartita in diverse epoche. Di solito, il susseguirsi di queste ultime è accompagnato da un progressivo degrado; inoltre, il passaggio da un’epoca all’altra è spesso segnato da cataclismi, che provocano la scomparsa quasi totale dell’Umanità.

A questo punto è necessaria una precisazione. Talvolta, nei miti, il ricordo di personaggi ed eventi differenti, collocabili in epoche anche molto lontane fra loro, si sovrappone, dando luogo a figure “composite” (è il caso ad esempio di Noè e sicuramente anche del Diluvio Universale). Può darsi quindi che l’Età dell’Oro “originale” sia stata poi confusa con epoche successive, anch’esse “felici” ma in cui si era già persa l’armonia iniziale. Ogniqualvolta si analizza un mito occorre tener conto di questo.

Secondo la mitologia greco-romana, la storia cominciò appunto con l’Età dell’Oro, in cui visse una “stirpe aurea” di uomini. Le epoche e le stirpi successive presero il nome da metalli via via meno pregiati (coerentemente con la loro progressiva decadenza): l’argento, il bronzo ed infine il ferro. A differenza delle altre età, governate da Zeus, l’Età dell’Oro fu retta da Crono.

L’Età dell’Oro in un dipinto di Lucas Cranach (1530).

Le età dell’oro, dell’argento, del bronzo e del ferro (a cui il greco Esiodo aggiunge – tra le ultime due – quella degli eroi) possono essere equiparate ai quattro yuga della mitologia indiana. Il primo, denominato Satya Yuga (“Età della Verità”) o Krita Yuga (“Età della Giustizia”), corrisponde all’Età dell’Oro e talvolta è definito proprio così. Il Satya Yuga fu seguito dal Treta, dal Dvapara e infine dal Kali Yuga, “l’età oscura” (quella attuale).

Anche nella mitologia nordica ritroviamo una simile visione dello scorrere del tempo. Nel mito del re Frodhi si narra che, dopo un regno di pace e prosperità, il sovrano morì e fu deposto in un tumulo. I suoi sudditi, credendolo ancora vivo, continuarono a gettare offerte nella tomba, attraverso tre feritoie: dalla prima gettavano oro, dalla seconda argento, dalla terza rame. Ciò fece sì che “l’età d’oro” vissuta sotto il suo regno si prolungasse.

E la Bibbia? Sebbene l’unico grande “spartiacque” della storia biblica sia il Diluvio, si può scorgere un accenno alle età dell’uomo nel “gigante dai piedi d’argilla” sognato dal re Nabucodonosor (Dn 2, 31-45). Il re vide il sogno una statua con “la testa d’oro puro, il petto e le braccia d’argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta”.

Difficile non cogliere il parallelismo tra i metalli che formano la statua e quelli associati alle varie età dell’uomo. Tuttavia, in questo caso i metalli rappresentano i regni susseguitisi sulla Terra a partire da quello di Nabucodonosor (la testa d’oro) fino all’ultimo, che come il ferro “spezzerà e frantumerà tutto” (si allude forse al Nuovo Ordine Mondiale?). Alla fine, anch’esso verrà distrutto e rimpiazzato da un regno di origine divina, simboleggiato nel sogno da un masso che, staccatosi da un monte, aveva colpito e distrutto la statua.

Il pianeta, l’uomo, gli animali

Insomma, ci fu un’epoca dove – a differenza dell’attuale – regnava la più completa armonia. Ma queste parole rendono ancora poco l’idea di come doveva apparire l’Età dell’Oro: vediamo dunque se i miti possono darci qualche informazione in più.

Innanzitutto, quali erano le caratteristiche del Pianeta Terra? Senza dubbio, l’aria era incontaminata e la vegetazione lussureggiante; ma soprattutto, l’asse terrestre era perpendicolare all’eclittica. In altre parole era “dritto”, non inclinato di circa 23,5° come oggi. Ciò faceva sì che la Terra godesse sempre di condizioni equinoziali: in altre parole, un’eterna primavera.

L’assenza delle stagioni nella Terra primitiva è menzionata in diversi miti. Una perpetua primavera comportava fra le altre cose una temperatura sempre gradevole, né troppo calda né troppo fredda. Con ogni probabilità, inoltre, la natura era perennemente rigogliosa: Esiodo e Ovidio affermano che in quei tempi la terra elargiva spontaneamente i suoi frutti, senza bisogno di essere coltivata. Fu solo durante l’Età dell’Argento che, insieme alle stagioni, comparve anche l’agricoltura.

Interessanti (per quanto incredibili) sono pure gli accenni, da parte di alcune tribù di indios brasiliani (Anambé, Tenetehara), al fatto che in origine non esisteva neppure la notte! Secondo i loro miti, in origine era sempre giorno; la comparsa della notte fu causata dalla rottura di un vaso o di una noce, un’immagine che è difficile non avvicinare a quella del vaso di Pandora, da cui secondo la mitologia greca si dispersero sulla Terra tutti i mali.

In origine, ad essere perfetto non era solo il pianeta: su di esso abitava infatti un’Umanità altrettanto perfetta. Avevamo già discusso qui le caratteristiche dell’Uomo originario, basandoci sulle rivelazioni ricevute da don Guido Bortoluzzi. Se ci rifacciamo alle fonti classiche, possiamo ricavare altri particolari sulle condizioni dell’Umanità primigenia: secondo Esiodo, la stirpe aurea non conosceva né la vecchiaia né la morte; gli uomini vivevano privi di affanni e malattie, lasciando questa vita “come vinti dal sonno”. Ciò è coerente con quanto afferma la Bibbia: “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sap 2, 23-24).

Oltre che nelle caratteristiche fisiche, anche nella società vigeva l’armonia: non c’era bisogno di leggi, poiché gli uomini seguivano da soli l’onestà e la rettitudine. Non c’erano eserciti né si forgiavano armi, dato che non esistevano discordie e contese. Tutti vivevano tranquilli nell’ozio, cibandosi dei frutti che la terra produceva spontaneamente.

Un altro aspetto distintivo della creazione originaria era l’armonia tra uomo e animale. Secondo la Genesi, una volta terminata la creazione, “Dio disse [all’uomo]: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde»” (1, 29-30). Ciò sembrerebbe indicare che in origine non solo l’uomo non mangiava carne, ma tutti gli animali erano erbivori!

Orfeo ammansisce gli animali col suono della sua lira, in un dipinto di Frans Snyders e Theodoor van Thulden (1636-1638). Da qui.

Alcuni creazionisti fondamentalisti insistono molto su questo punto: secondo loro, perfino i più feroci dinosauri sarebbero stati dei placidi erbivori! In realtà, come già accennato altrove, i dinosauri sono certamente molto più recenti di quanto ritenuto dai paleontologi. La loro epoca fu certamente successiva all’Età dell’Oro, non precedente. Pertanto tra di essi vi furono certamente dei carnivori: un’analisi anche superficiale della dentatura di alcune specie lo dimostra oltre ogni ragionevole dubbio.

La Bibbia, comunque, non è l’unico testo a descriverci una natura in cui la “legge della giungla” ancora non vigeva. Nel mito sumero di Enki e Ninhursag, per esempio, si narra che a Dilmun (una sorta di Eden mesopotamico) “il leone non uccideva; il lupo non rapiva l’agnello; sconosciuto era il cane che uccideva i bambini; sconosciuto era il cinghiale divoratore di grano”.

Anche Platone, parlando dell’età di Crono, si esprime in termini simili: gli animali “non si divoravano l’un l’altro” (Politico, 271e) e gli uomini “discorrevano fra loro e con le bestie” (ibid., 272d). Questo idillio si ruppe in seguito a un grande sconvolgimento: fu allora che gli animali, inselvatichitisi, cominciarono ad attaccare e uccidere gli uomini (ibid., 274c).

Come tutto finì

Ad un certo punto, l’Età dell’Oro finì. Ma come, quando, e soprattutto, perché finì?

Il “come” è stato già affrontato in altra sede: l’evento cardine fu l’inclinazione dell’asse terrestre, provocata dall’entrata in orbita dell’attuale Luna. Ciò provocò un immane cataclisma, da identificarsi verosimilmente con il “vero” Diluvio Universale. Inoltre, dopo l’arrivo della Luna cominciarono tutti i cicli che contraddistinguono il nostro mondo attuale: la precessione degli equinozi, le stagioni e (se diamo credito ai miti zulu) perfino il ciclo mestruale nelle donne. Non a caso, nella Bibbia, è solo dopo il Diluvio che Dio pronuncia le seguenti parole: “Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno” (Gen 8, 22).

Determinare il “quando” è più difficile: per farlo dovremmo cercare di capire quando il nostro attuale satellite entrò in orbita. Secondo l’astrofisica Giuliana Conforto, la Luna sarebbe apparsa in cielo tra gli 11.000 e i 13.000 anni fa; secondo Corrado Malanga, circa 36.000 anni fa. Ma tali date sono inaccettabilmente basse: La fortezza di Sacsayhuaman, che secondo le datazioni di Mario Buildreps avrebbe quasi 350.000 anni, aveva strutture orientate in direzione dei lunistizi, segno che all’epoca la Luna esisteva già. Inoltre raffigurazioni di mezzelune compaiono sulle pietre di Ica, risalenti come minimo a 100.000 anni fa (ma forse molto più antiche). Difficile quindi datare l’evento con precisione: volendo tentare una stima alquanto grossolana, potremmo collocarlo non più tardi di 400.000 anni fa e non prima di qualche milione.

Potremmo chiederci a questo punto il “perché” della fine. La rottura dell’armonia primigenia e la progressiva degenerazione dell’Umanità erano inevitabili? La risposta – ovviamente – è no. Ciò che Dio aveva creato (in particolare l’uomo) “era cosa molto buona” (Gen 1, 31). La corruzione dell’uomo e della natura è avvenuta a causa di un uso sciagurato del libero arbitrio; non era affatto parte del piano divino. La perfezione originaria avrebbe dovuto permanere per sempre, ma – ahimè – così non è stato.

Rimane un’ultima domanda a cui rispondere: l’Età dell’Oro è davvero perduta per sempre? Ebbene, anche in questo caso la risposta è no. La Bibbia, i miti e le profezie sono concordi nell’affermare che l’Umanità (o meglio, i superstiti alle catastrofi che concluderanno il nostro ciclo) vivrà di nuovo un’epoca di pace ed armonia. Esiodo non era affatto felice di vivere nella presente Età del Ferro: avrebbe preferito o morire prima, o nascere dopo; egli dunque intuiva che la prossima epoca sarebbe stata migliore di questa. Nel libro di Isaia troviamo una splendida descrizione della futura Età dell’Oro (adombrata peraltro anche nella Gerusalemme celeste dell’Apocalisse), in cui sarà finalmente ripristinata l’armonia originaria, compresa quella tra uomo e animale:

Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare… Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza… Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue, ma il serpente mangerà la polvere, non faranno né male né danno…

Is 65, 17-25

Noi ci saremo? Non lo sappiamo. Ma la prospettiva di questi tempi ormai prossimi deve darci la speranza e la forza per affrontare i momenti bui che verranno, e inoltre spronarci a migliorarci per essere degni di viverli.

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