Chi Era Davvero Eracle?

Eracle raffigurato su un’anfora greca (circa 525-520 a.C.).

In un articolo pubblicato tempo fa ci eravamo occupati della figura di Noè, mostrando come essa fosse stata verosimilmente originata dalla sovrapposizione di diversi personaggi, vissuti in luoghi ed epoche differenti. Ebbene, tale sovrapposizione di più individui ha riguardato anche uno dei personaggi più importanti della mitologia greca: Eracle. Sebbene la sua natura composita fosse nota già nell’antichità, a tutt’oggi non sappiamo granché di come si è originata. In questo articolo cercheremo quindi di gettare luce, per quanto possibile, sulla faccenda.

Quanti “Eracli” esistevano?

Lo storico greco Erodoto fu il primo a distinguere un Eracle egiziano, più antico, da un Eracle ellenico, più recente (Storie, II, 43-44 e 145-146). Egli osservò che gli Egiziani non avevano notizie dell’Eracle conosciuto dai Greci, figlio di Zeus e Alcmena, sebbene adorassero un dio con questo nome. L’Eracle egiziano sarebbe stato uno dei “dodici dèi”, ai quali gli Egiziani attribuivano un’età di ben 17.000 anni. Come prova della grande antichità di Eracle, Erodoto menziona anche due santuari fenici a lui dedicati (uno a Tiro, l’altro a Taso) che risultavano più antichi dell’epoca in cui avrebbe vissuto l’Eracle figlio di Alcmena, cioè circa 900 anni prima di Erodoto. Egli conclude perciò che “ci fu un eroe ellenico omonimo del dio egiziano”.

Anche nella Biblioteca Storica di Diodoro Siculo ritroviamo la medesima distinzione. Diodoro parla dapprima di un Eracle egiziano, parente di Osiride (I, 17), che combatté contro i Giganti a fianco degli dèi olimpici (I, 24). Subito dopo riporta le considerazioni degli Egiziani, da lui condivise, secondo cui tali imprese non si addicono all’Eracle figlio di Alcmena, vissuto “una generazione prima della guerra di Troia”, ma ad un personaggio ben più antico. È a quest’ultimo, afferma Diodoro, che si addicono la clava e la leontea, “perché a quei tempi, non essendo ancora state inventate le armi, gli uomini si difendevano dai nemici con bastoni di legno, e usavano come armi da difesa le pelli degli animali selvatici”. L’Eracle egiziano avrebbe anche liberato la terra dalle fiere, e per tali benefici sarebbe stato adorato come un dio. L’omonimo figlio di Alcmena sarebbe vissuto “più di diecimila anni dopo”: chiamato alla nascita Alceo, ebbe in seguito il nome di Eracle “perché cercò di emulare nella scelta di vita l’Eracle più antico e ne ereditò la celebrità, e anche il nome”.

Più avanti (III, 74), tuttavia, Diodoro menziona un terzo Eracle: costui sarebbe stato uno dei Dattili Idei di Creta, nonché l’istitutore dei Giochi Olimpici. Diodoro lo colloca cronologicamente tra il suo omonimo egiziano e quello greco: quest’ultimo, “per l’omonimia e l’identità degli ideali di vita, una volta morto, nel corso del tempo ereditò le imprese dei due personaggi più antichi, come se fosse stato un unico Eracle a vivere in tutto il tempo precedente”.

Anche Cicerone, contemporaneo di Diodoro Siculo, riconosceva l’esistenza di diversi Eracli (“Ercoli” secondo la dicitura romana). Ne La natura degli dèi (III, 42) ne nomina sei: il primo, figlio di Zeus/Giove (per la precisione il Giove “più antico”, poiché secondo Cicerone esistevano altri dèi con questo nome) e di Lisitea; il secondo, un egiziano figlio del Nilo; il terzo, uno dei Dattili Frigi; il quarto, figlio di Giove e di Asteria, sorella di Latona, “venerato soprattutto a Tiro”; il quinto, “quello che in India chiamano Belos”; il sesto, figlio di Giove (il “terzo Giove”, distinto dal primo e più antico omonimo) e di Alcmena.

Potremmo andare oltre e citare Varrone, che stando a quanto afferma Servio nel suo Commento all’Eneide di Virgilio (VIII, 564) enumerava ben quarantaquattro Eracli, ma direi che le fonti fin qui esposte sono sufficienti per farsi un’idea sulla pluralità delle figure alla base del mito.

La storicità di Eracle

Appurato dunque che quella di Eracle è una figura composita, ci resta da stabilire la sua storicità. Purtroppo non abbiamo prove dell’esistenza di personaggi storici identificabili con l’eroe (o meglio, gli eroi) del mito. Ma, ovviamente, ciò non significa che tali personaggi non siano mai esistiti. Lo scenario più verosimile è che siano esistite appunto diverse figure storiche in seguito divinizzate, e sulle quali si sono sviluppate le varie leggende. Gli Egiziani, ci informa Diodoro Siculo, affermavano che oltre agli dèi celesti ve n’erano altri, terrestri, “che furono mortali, ma che per la loro intelligenza e per il fatto di aver reso benefici a tutta l’umanità ottennero l’immortalità; tra costoro certuni erano stati anche re dell’Egitto” (Biblioteca Storica, I, 13). Cicerone si esprime in modo simile: “La comunità umana adottò l’uso di elevare al cielo tutti coloro che si fossero distinti nel beneficare i loro simili… Di qui l’introduzione di divinità quali Ercole, Castore, Polluce, Esculapio…” (La natura degli dèi, II, 62).

Come abbiamo visto, gli Egiziani attribuivano al “loro” Eracle una grande antichità, superiore addirittura ai 10.000 anni. E in effetti l’amplissima diffusione della sua figura, che ritroviamo presso popoli anche molto distanti fra loro (dai Celti agli Etruschi, dagli Indiani ai Fenici), suggerisce proprio che essa sia molto antica.

Ma quanto antica? Questo articolo ipotizza che il mito di Eracle affondi le sue radici addirittura nel X millennio a.C., dunque pressappoco l’epoca dell’Eracle egiziano. Infatti, le dodici fatiche dell’eroe rappresenterebbero chiaramente il percorso del Sole lungo le dodici costellazioni zodiacali; ma il fatto che la prima consista nell’uccisione di un leone indicherebbe il periodo in cui all’equinozio di primavera il Sole sorgeva nella costellazione del Leone, ovvero appunto intorno al 10.000 a.C. Peraltro, nel medesimo periodo la stella polare corrispondeva a Iota Herculis, dunque si trovava proprio nella costellazione di Ercole!

La costellazione di Ercole in un’illustrazione tratta dall’Uranometria di Johann Bayer (1603). Da qui.

Quest’ultima potrebbe essere solo una coincidenza, dal momento che la costellazione è stata associata ad Eracle solo in epoca ellenistica. Tuttavia, come afferma lo scrittore ed esperto di astronomia Ian Ridpath, “l’origine di questa costellazione è così antica che la sua vera identità fu dimenticata persino dai Greci”. Secondo alcuni avrebbe un’origine babilonese, ma come avevamo già visto, gli astronomi mesopotamici attinsero probabilmente a fonti molto più antiche. Non è da escludere, perciò, che essa fu creata proprio intorno al 10.000 a.C. per commemorare l’eroe egiziano, che a quei tempi doveva godere di una notevole celebrità. Forse l’autore biblico si riferiva anche a lui quando parlava degli “eroi dell’antichità, uomini famosi” (Gen 6, 4): non a caso, lo stesso versetto menziona i Giganti, contro i quali l’Eracle egiziano avrebbe combattuto.

Vediamo dunque di inquadrare meglio le figure storiche alla base del mito di Eracle. Le fonti fin qui esaminate, sebbene non concordino sul numero dei personaggi, menzionano tutte un Eracle egiziano e uno greco. Per semplificare, quindi, distingueremo solo queste due figure, consapevoli del fatto che molto probabilmente non sono le uniche.

L’Eracle egiziano

Abbiamo visto che Erodoto parla di Eracle come di uno dei “dodici dèi” dell’Egitto. Tuttavia, mentre afferma ad esempio che Osiride corrisponde a Dioniso, Horus ad Apollo e così via, egli non riporta mai l’equivalente egizio di Eracle. Non è facile, pertanto, stabilire con quale divinità debba essere identificato. Tra i possibili candidati vi sono Shu, dio dell’aria; Khonsu, dio lunare, figlio di Amon così come Eracle lo era di Zeus; ed Hershef, venerato nella città di Eracleopoli.

Il nome di Hershef, vagamente assonante con quello di Eracle, lascia aperta la possibilità che anche quest’ultimo possa avere un’origine egiziana, o comunque non greca. Di solito esso viene ricondotto al greco Hera-kles, ovvero “gloria di Era”, che però ha tutta l’aria di essere una paretimologia. D’altronde già Diodoro Siculo diffidava di questa interpretazione, affermando che l’Eracle greco aveva ereditato il nome dal suo omonimo egiziano. Anche diversi studiosi moderni hanno espresso dubbi sull’etimologia tradizionale, ma per il momento la questione rimane aperta.

Chi era quindi l’Eracle venerato in Egitto? Come abbiamo già osservato, fu verosimilmente uno degli antichi civilizzatori, come altri personaggi in seguito inseriti nel pantheon locale: Osiride, Iside, Horus, eccetera. Che anch’egli sia stato uno dei mitici sovrani predinastici? Diodoro Siculo, in effetti, afferma che quando Osiride partì per la sua missione civilizzatrice nominò Eracle come “generale di tutto quanto il paese” (Biblioteca Storica, I, 17). Un Eracle compare anche in una versione della Lista Reale egizia fornita dal monaco Giorgio Sincello, che la attribuisce allo storico egiziano Manetone (III secolo a.C. circa). Egli annovera Eracle tra i semidei e gli assegna 15 anni di regno (questo numero è ricavato in realtà dalla conversione degli anni in mesi lunari, ed è pertanto da intendersi come 185). Tuttavia questo Eracle “semidivino” non può essere lo stesso personaggio “divino” vissuto all’epoca di Osiride, ovvero (sempre seguendo Diodoro Siculo) “poco più di diecimila anni” prima di Alessandro Magno (Biblioteca Storica, I, 23), dunque intorno al 10.500 a.C.

Ma l’antichità millenaria di questo mitico personaggio ci riporta dritti all’epoca di Atlantide. Quell’Atlantide di cui proprio gli Egiziani avevano serbato il ricordo, che Platone mise per iscritto nei dialoghi Timeo e Crizia. Come avevamo esposto qui, sicuramente gli Egiziani conoscevano la lingua parlata ad Atlantide, che doveva appartenere – come la loro – alla famiglia afroasiatica. Verrebbe quindi da chiedersi se le imprese di Eracle ambientate in Occidente, come la cattura dei buoi di Gerione, non siano forse il ricordo di antichi contatti tra l’Egitto e Atlantide (localizzabile appunto ad occidente). Ma potremmo spingerci anche oltre e ipotizzare che Eracle e gli altri “dèi” civilizzatori provenissero proprio da Atlantide. D’altronde, gli Egiziani asserivano di essere stati sotto il dominio dell’isola (Timeo, 25a; Crizia, 114c); e i capelli rossi di alcuni faraoni (nonché del dio Seth) sembrerebbero accordarsi bene con una provenienza occidentale delle élite dominanti, forse fin dai tempi predinastici.

La dimensione “atlantica” di Eracle, evidente soprattutto in alcuni miti, spiegherebbe anche la diffusione della sua figura presso i Semiti (in particolare i Fenici), dei cui legami con il mondo atlantico ci eravamo già occupati recentemente. L’Eracle fenicio, il nume tutelare di Tiro, si chiamava Melqart, ovvero “Re della Città” (Milk-Qart). Se diamo credito a Cicerone, dovremmo distinguere l’Eracle di Tiro dal suo omonimo egiziano, più antico, e da quello greco, più recente. Ma Melqart ha lasciato tracce anche nella mitologia greca: il suo nome riecheggia infatti in quello di Melicerte. Quest’ultimo, come pure lo stesso Eracle, era chiamato anche Palemone, nome in cui si può scorgere il fenicio Baal Hammon. Ma tali parallelismi non ci sorprendono più di tanto, essendo a conoscenza degli antichi e prolungati contatti tra Fenici e Indoeuropei.

Melqart, l’Eracle fenicio, effigiato su una moneta di Cadice. Notare la pelle di leone. Da qui.

L’Eracle greco

Veniamo adesso all’Eracle della mitologia greca, il più recente (e quindi il più “storico”) dei personaggi con questo nome. Le fonti più antiche che lo menzionano sono i poemi omerici, che accennano alla sua spedizione contro Troia al tempo del re Laomedonte, padre di Priamo (Iliade, V, 640-642), e alle sue celebri fatiche, in particolare la cattura di Cerbero (Iliade, VIII, 367-368; Odissea, XI, 623-625). Uno dei suoi figli, Tlepolemo, partecipò alla guerra di Troia a capo del contingente di Rodi (Iliade, II, 653-654).

Il fatto che Eracle fosse noto a Omero indica che si trattava di un personaggio vissuto in Nord Europa, la vera patria del leggendario poeta. In effetti molte delle sue fatiche, sebbene menzionate per la prima volta solo in fonti molto più tarde, recano traccia di un’originaria ambientazione nordica. Alcune di esse, come quella dell’idra di Lerna e degli uccelli Stinfali, si svolgono nelle paludi, molto più comuni in Nord Europa che in Grecia. Durante la caccia al cinghiale di Erimanto, Eracle riesce a intrappolare l’animale facendolo affondare nella neve fresca. È nella terra degli Iperborei che l’eroe cattura la cerva di Cerinea (chiaramente identificabile con una renna), ed è sempre lì che alcuni mitografi collocavano il giardino delle Esperidi. Le Amazzoni con cui Eracle ha a che fare durante la nona fatica potrebbero essere quelle che lo storico medievale Adamo di Brema collocava sulle coste del Baltico, forse le stesse di cui parla Omero nell’Iliade (III, 189). E infine, l’Ade dove cattura Cerbero è lo stesso dove si reca Ulisse, nel paese dei Cimmeri, ovvero nell’estremo nord.

A far sospettare un’origine nordica dell’Eracle greco sono anche i richiami alla sua figura nel mondo germanico. I Germani, ci informa Tacito, avevano una particolare predilezione per Eracle, che consideravano il più valoroso di tutti gli eroi (Germania, 3). Alcuni attributi del dio Thor, come la forza sovrumana, lo hanno fatto paragonare proprio ad Eracle. Anche alcuni leggendari re germanici ricordano da vicino l’eroe greco: uno di essi è il danese Gram, che secondo lo storico Saxo Grammaticus andava in giro vestito di vello di capra e brandendo un’enorme clava; egli inoltre avrebbe combattuto contro i Giganti (Gesta Danorum, I, IV, 2). Come non pensare poi ai berserkir, i guerrieri che combattevano indossando pelli d’orso o di lupo? La “furia dei berserkir” (berserksgangr), un’esplosione di rabbia incontrollata che spingeva questi guerrieri ad assalire chiunque senza far distinzione tra amici e avversari, ricorda molto da vicino l’episodio della pazzia di Eracle, che lo portò ad uccidere la moglie e i figli.

Piastra in bronzo ritrovata a Torslunda, sull’isola svedese di Öland, e risalente all’incirca al VII secolo d.C. A destra è raffigurato un berserkr con indosso una pelle di lupo. Da qui.

Se la nostra ricostruzione fosse corretta, quindi, l’Eracle citato da Omero dovrebbe essere vissuto durante la prima età del bronzo nordica, una o due generazioni prima della guerra di Troia. Sebbene possa sembrare un’epoca molto antica, non lo è abbastanza per considerare tutti gli Eracli che ritroviamo nel mondo indoeuropeo delle controfigure di quello omerico. Come ormai abbiamo ampiamente dimostrato, il mito di Eracle affonda le sue radici in un’epoca assai anteriore.

La presenza del mito di Eracle già presso gli Indoeuropei arcaici è suggerita, fra le altre cose, dai parallelismi con quello sumero-babilonese di Gilgamesh. Alcuni di essi potrebbero essere dovuti a contatti avvenuti in epoca classica, ma altri potrebbero risalire ad un periodo più antico. Sia Eracle che Gilgamesh sono in parte umani e in parte divini; entrambi hanno un compagno inseparabile, rispettivamente Iolao ed Enkidu; entrambi uccidono un leone e ne indossano la pelle; entrambi scendono agli Inferi; durante il suo viaggio per mare verso l’Occidente, Eracle usa la pelle di leone come vela, proprio come fa Gilgamesh col suo mantello; ed entrambi vanno alla ricerca di erbe che conferiscono rispettivamente l’invulnerabilità e l’immortalità.

Un altro elemento a supporto dell’esistenza di un “Eracle indoeuropeo” è la somiglianza tra i miti di origine degli Sciti e dei Celti: in entrambi i racconti, il capostipite del popolo viene generato da Eracle durante il suo ritorno dalla decima fatica, la cattura del bestiame di Gerione. Questo ed altri elementi in comune farebbero pensare che uno dei due miti sia stato la fonte dell’altro, ma non è da escludere che entrambi derivino da una fonte comune più antica.

Tirando le somme, cosa sappiamo davvero su Eracle? È verosimile che ad ispirare il suo mito siano state più figure storiche, vissute in luoghi ed epoche molto distanti fra loro. Chiaramente, le domande senza risposta sono ancora molte; ma forse, in un futuro non lontano, anche queste metaforiche “Colonne d’Ercole” potranno essere oltrepassate.

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